giovedì 14 agosto 2014

«Ma che è sto prurito?» Pappataci in agguato

di Nico Baratta

Sarà che quest'anno a Foggia di zanzare se ne son viste poche -dalle mie parti è così, non so dalle vostre- ma sto vedendo un gran proliferare di piccoli insetti (non più di 2 max 3 mm ricoperti di peluria), apparentemente innocui e simili a mosche o piccole zanzare e che sono molto diffusi nell'area mediterranea, pungono più delle zanzare e provocano molto prurito e gonfiori cutanei. Ed inoltre vi siete mai chiesti cosa fossero quei fastidiosissimi ronzii, anche senza aver visto una zanzara, che durante la notte interrompono il sonno?
Sono loro, i Pappataci, molesti ditteri ematofagi, succhia sangue a tradimento, scientificamente chiamati Phlebotomus papatasi, che rovinano le nostre serate estive con punture dolorose, spesso avvertite con pizzichi. L’effetto della loro puntura, meglio se diciamo morso, è prurito persistente, doloroso, sanguinante, con gonfiore che irrita la pelle e che rimane per giorni. Sono anche portatori di virus e possono provocare febbre, la cosiddetta "febbre da pappataci" o "dengue mediterranea" o "dengue adriatica", tecnicamente denominata "febbre da flebotoni". Un virus che può essere trasmesso di generazioni in generazioni e che provoca innalzamento della temperatura e dolori articolari, sintomi spesso confuso con quelli influenzali. Purtroppo questo insetto è anche vettore di meningiti virali. Il pappatacio è anche un portatore di leishmaniosi, quel virus tanto temuto per i cani e che può essere trasmesso all’uomo. Per tal pericolo i veterinari consigliano la vaccinazione, non solo per i cani, ma per tutti gli animali domestici anche se meno esposti. Tuttavia per ridurre il più possibile il rischio di punture di pappataci si consiglia l’uso di collari antiparassitari ad effetto repellente, nel periodo tra maggio ed ottobre oltre che far dormire il proprio cane in un ambiente chiuso e riparato da zanzariere.
Il nome deriva dalla loro caratteristica, ovvero “mangia e taci” e, al contrario delle zanzare, non amano volare. Ecco perché i pappataci si trovano attaccati ai musi, sui gradini delle scale, sui davanzali delle finestre e dei balconi, vicino le piante. Noi li scambiamo per piccole mosche ed invece il pericolo e in agguato perché appena sentono il caldo tepore della nostra pelle, ci si attaccano silenziosamente e succhiano sangue. Noi li avvertiamo con il tipico pizzico ma è troppo tardi e il prurito è li a farci dannare l’anima. La prevenzione è il primo deterrente per non farli nascere e poi proliferare e spetta a noi farla. I pappataci sono soventi vivere in ambienti umidi e caldi, favorendo quelli dei detriti organici, come giardini, spazzatura, ristagni d’acqua. I veterinari consigliano di stanarli nella fase larvale tenendo puliti i luoghi da loro prediletti, le cucce dei nostri amici a quattro zampe. Inoltre, per contrastare le larve nei laghetti, nei maceri o nelle fontane ornamentali si può utilizzare la Gambusia, un pesciolino d’acqua dolce, ghiottissimo di larve di zanzara, ma anche i più tradizionali pesci rossi sono comunque ottimi insettivori.
Noi, tuttavia possiamo proteggerci dai pappataci. In genere si utilizzano i repellenti per zanzare che vanno applicati con una certa frequenza, determinata solitamente dal tipo di prodotto usato, dalla sudorazione e dall’umidità presente nell’aria. Questi possono essere anche spruzzati sui vestiti oltre che spalmarli sulla pelle. Va sempre fatta attenzione ad evitare il contatto diretto con le mucose e naturalmente a non ingerirli o inalarli direttamente.
Allora, appena intravedete un insetto piccolo, peloso, con piccole ali e che sembra a una mosca, che sta “quatto quatto” fermo sul muro, o su una foglia, o su un davanzale o su altro, fate attenzione potrebbe essere il pappatacio che non aspetta altro che saltarvi addosso e succhiarvi il sangue. Evitateli e preveniteli come detto.
Concludo con un invito: ormai è tardi eliminarli dalle nostre giornate. Ma con un’azione di disinfestazione cittadina l’amministrazione comunale potrebbe invitare l’ASL a porre rimedio.

Ad Maiora!

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