La mattina del 16 marzo 1978, in via Fani a Roma
di Nico Baratta
Roma, via Fani, l'agguato del 16 marzo 1978 (foto) ndr |
Un amico, anche se Onorevole della Repubblica Italiana, sin dalla sua nomina, dal suo ininterrotto impegno politico conferitogli dagli italiani, quelli che credono nella giustizia, nella verità, nella legalità, nella legge, sta perorando una causa, quella di far emergere la verità sull’assassinio del Presidente Aldo Moro. In Parlamento è riuscito a istituire una commissione che sta analizzando ogni documento e sta ascoltando testimoni preziosi. I fatti convergono su aspetti a noi ancora poco chiari poiché quel giorno, il 16 marzo del 1978, in via Fani a Roma, non vi erano solo gli uomini delle Brigate Rosse, bensì altre persone. Gero ci racconta alcuni aspetti, frutto dell’inchiesta della commissione che sta lavorando alacremente per far luce sulle ombre di un assassinio che, da quanto fino ad oggi è emero, ha le braccia dei brigatisti e la mente di altri soggetti. Un giorno questi scritti di Gero potrebbero diventare un libro. Io, da amico e convinto sostenitore della causa, oltre che ammiratore di Moro, vi propongo quanto l’On. Grassi ha voluto condividere con chi lo sostiene.
La mattina del 16 marzo 1978, in via Fani a Roma
di Gero Grassi
«Giovedi 16 marzo 1978, poco dopo le 8, Aldo Moro esce di casa, in via del Forte Trionfale a Roma. E' diretto in chiesa per la Santa Messa. Con lui assistono alla messa il maresciallo Oreste Leonardi e l'appuntato dei carabinieri Domenico Ricci. I tre poliziotti Raffaele Iozzino, Giulio Rivera e Francesco Zizzi aspettano fuori. E' interessante sapere quale telefonata riceve l'auto della Polizia circa il percorso da fare per condurre Moro in Parlamento. Perché? Quando il 29 maggio 1979, nella casa del capo del KGB italiano, il professore universitario Giorgio (Dario) Conforto, sono arrestati Valerio Morucci ed Adriana Faranda, nella tasca dei pantaloni di Morucci viene trovato un biglietto con nome, cognome, indirizzo e numero di telefono di un maresciallo di PS, iscritto alla P2, in servizio all'Ufficio radio scorte del Ministero degli Interni. Nella stessa abitazione viene trovata la mitraglietta Skorpion con la quale è stato ucciso Moro.
I brigatisti, la notte prima del 16 marzo, tagliano le quattro ruote del furgone del fioraio Spiriticchio che sosta ogni giorno all'angolo di via Fani con via Stresa. Per evitare che possa trovarsi sulla linea di fuoco.
Il 16 marzo, al posto del furgone di Spiriticchio, si trova una Austin Morris (targata Roma T50354), acquistata un mese prima, dalla società Poggio delle Rose, società dei Servizi Segreti italiani con sede a Roma, in via della Libertà 10, dove si trova anche la sede dell'Immobiliare Gradoli che ha appartamenti in via Gradoli ed ancora altre società di copertura dei sevizi. La società Fidrev, azionista di maggioranza della Immobiliare Gradoli, svolge assistenza tecnica attraverso le società Gus e Gattel, società di copertura del Sisde.
L'Austin Morris impedisce all'appuntato Ricci, che guida la macchina di Moro, di potersi svincolare dopo la brusca frenata di Moretti e l'inizio della sparatoria.
Dopo tanti anni nei quali ci hanno detto che l'auto di Moro tamponò l'auto di Moretti, esistono foto che dimostrano la totale falsità di quanto raccontatoci. Non c'è stato alcun tamponamento.
Guardando l'incrocio tra via Fani e via Stresa, alla sinistra dell'auto di Moro e' parcheggiata una Mini Minor, di proprietà del gladiatore Tullio Moscardi. Sul lunotto posteriore della Mini Minor si vede, nelle foto, un foglio rettangolare bianco. Nel linguaggio dei Servizi significa: Servizi in azione.
L'azione dei brigatisti, soprannominata Fritz, con riferimento al ciuffo bianco di Moro, dura tre minuti, dalle 9,02 alle 9,05.
Inizia con un mazzo di fiori, alzato dalla ventenne brigatista Rita Algranati, moglie di Alessio Casimirri, brigatista anche lui, mai arrestato dopo 36 anni. Lo Stato italiano non ha mai chiesto l'estradizione ed i Servizi hanno speso un miliardo e mezzo nel 1999 per andarlo a cercare. Non sappiamo ancora perché. Casimirri risiede in Nicaragua ed è figlio di una cittadina vaticana e del capo ufficio stampa dei Papi Paolo VI, Giovanni XXIII e Pio XII.
La perizia del 1978 dice che in via Fani furono sparati 93 colpi, quella del 1994 parla di 68 colpi. Nel primo caso si dice che 49 colpi furono sparati dalla stessa arma, nel secondo si dice 40. 34 colpi, non sono identificabili e quindi nel 1978 la magistratura scrive che appartengono a Forze di polizia non convenzionali. Nessuno capisce allora. Nel 1991 bossoli identici vengono trovati nei depositi Nasco di Gladio in Sardegna. Aberto Franceschini afferma che le armi dei brigatisti si sono sempre inceppate ed è avvenuto anche in via Fani.
Alla sinistra dell'auto di Moro c'è il Bar Olivetti con la siepe. Da qui sparano i brigatisti, ma i colpi arrivano anche da dietro l'Austin Morris. I brigatisti negano, ma alcune perizie accertano che Leonardi è morto con colpi che provengono da destra. Sul bar Olivetti ha sede una società commerciale che vende caminetti. Si tratta in realtà di una società di copertura dei Servizi, il cui titolare è il signor Bruno Barbaro, cognato del colonnello Pastori Stocchi, all'epoca comandante della base militare di Capo Marrargiu (Sardegna) dove si addestrano gli uomini di Gladio.
Dalle foto disponibili subito dopo l'eccidio, quando il poliziotto Iozzino, che giace per strada, non è' ancora stato coperto, si vede benissimo un'Alfa Sud dellUcigos, servizi segreti del Ministero degli Interni, parcheggiata di traverso sul marciapiede. Le foto evidenziano la presenza di un signore alto, età apparente 50 anni, barba nera, occhiali Rayban. Questo stesso signore è presente nelle foto di via Caetani, subito dopo il ritrovamento di Aldo Moro. E' presente anche il 3 settembre 1982, a Palermo, dinanzi ai cadaveri, ancora non coperti, del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e della moglie.
Durante l'azione di via Fani passa una Moto Honda, mai rintracciata, che spara diversi colpi di arma da fuoco come testimonia l'ing. Alessandro Marini il 16 marzo 1978, alle ore 10.15, alla Digos di Roma, affermando: 'L'autovettura con Moro a bordo è scattata per via Stresa, seguita da una moto Honda di grossa cilindrata di colore bleu, a bordo della quale c'erano due individui, dei quali quello seduto sul sedile posteriore, con passamontagna scuro, ha esploso vari colpi nella mia direzione, praticamente ad altezza d'uomo, perdendo proprio nell'incrocio un caricatore che è finito per terra. Non escludo che i due a bordo della moto fossero gli stessi sbucati fra due macchine parcheggiate in via Fani, infatti uno dei due aveva il viso travisato dal passamontagna. Mi è rimasto molto impresso però il conducente, un individuo sui 20-22 anni, molto magro, con il viso lungo e con le guance scavate; infatti mi ha richiamato l'immagine dell'attore Eduardo De Filippo, aveva i capelli scuri di taglio normale.'
Di una moto Honda ci parla anche il prof. Lallo. L'ha vista più volte, agli inizi del mese di marzo, in via Savoia, sotto lo studio di Moro. Un'altra moto Honda appare il 18 aprile 1978, quando il vigile del fuoco Leonardo sta entrando dal balcone nell'appartamento di via Gradoli. Alla vista della Polizia, la Honda ruota su se stessa e contromano scompare ad alta velocità su via Gradoli. Mai sono state rintracciate le moto Honda.
Nel corso dell'audizione in Commissione del dr. Luciano Infelisi, all'epoca Pubblico Ministero, ho fatto notare che nel 1978 nessuno analizzò le auto parcheggiate in via Fani, invece in via Caetani le auto furono tutte fotografate dinanzi e di dietro.
Va detto anche che nel 1991, per ammissione del gladiatore Pierluigi Ravasio, si scopre che il colonnello Camillo Guglielmi è presente in via Fani alle ore 9 del 16 marzo 1978. Guglielmi è vicecomandante generale di Gladio, il cui superiore è il Generale Carmelo Musumeci, che gli ha detto di andare in via Fani, e che è arrestato per depistaggio nella strage della stazione di Bologna del 2 agosto 1980, iscritto alla P 2, poi indagato dal giudice Carlo Palermo con la motivazione che la sua attività non è istituzionale, in quanto interviene nella sfera politica.
Quando Guglielmi è' interrogato dai magistrati, dichiara che è in via Fani perché invitato a pranzo da un amico, il colonnello D'Ambrosio, che smentisce l'invito a pranzo e fa presente che Guglielmi si è presentato a casa sua alle 8,30, ha preso un caffè ed è andato via subito perché per strada, ha detto, stava succedendo qualcosa di importante. Guglielmi dice la verità sull'invito a pranzo. Il problema è che lui non si rivolge ai magistrati che lo interrogano, ma ad altri perché capiscano.
Nel giro dei Servizi l'invito a pranzo significa stare sul pezzo. Guglielmi stava sul pezzo, il rapimento di Aldo Moro».
Ubicazione:
Roma, Italia
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