Griffe 'fur-free': contenti gli animali e anche l'ambiente
Da Benetton a Calvin Klein, da Diesel a Guess, da Lacoste a Levi's e poi H&M, Oviesse Industry, Zara. E' lunga la lista delle aziende della moda che si sono impegnate a non utilizzare più pellicce animali nelle loro collezioni dichiarandosi “Fur-free”, aderendo al programma certificato dalla Fur Free Alliance, la coalizione internazionale di organizzazioni per la protezione degli animali che lavorano per porre fine allo sfruttamento e l'uccisione di animali per la loro pelliccia, che in Italia è rappresentata dalla Lav. Alliance.
Felici animali e animalisti, ma anche l'ambiente: secondo lo studio di Life Cycle Assessment “The environmental impact of mink fur production” del 2011, commissionato dalla Lav alla società olandese di ricerca e consulenza ambientale Ce Delft, la produzione di 1 kg di pelliccia di visione causa un impatto ambientale maggiore rispetto alla produzione di un analogo quantitativo di materiale alternativo, anche di sintesi, come cotone, acrilico, poliestere (riciclato e vergine) e lana.
La produzione di pellicce è un processo caratterizzato dall'utilizzo di molte sostanze chimiche: formaldeide, metalli pesanti, solventi organici, pesticidi alogenati, idrocarburi policiclici aromatici, alchilfenoli etossilati. Sostanze che vengono impiegate nelle varie fasi, dall'ammollo, per dare elasticità alla pelle alla pulizia per rimuovere residui di carne e grasso, fino alla concia vera e propria, per continuare poi con il candeggio, la tintura, la conservazione.
Molte le aziende che hanno quindi sposato una filosofia fur-free, scelta che si rispecchia anche nei risultati delle ultime aste in Danimarca e Finlandia che hanno segnato un crollo dei prezzi delle pellicce di visone rispetto al 2013: il prezzo medio è sceso del 55% alla più recente asta Saga Furs di Oslo, mentre quest'anno i dati di vendita della danese Kopenhagen Fur, dove solitamente sono commercializzate anche le pelli italiane, è sceso del 40%.
Le pelli grezze di visoni e altri animali “da pelliccia”, sono commercializzate in lotti presso aste internazionali specializzate, acquistate da grossisti e successivamente utilizzate dalle aziende moda.
“Il crollo dei prezzi delle pelli di visone è significativo di quanta poca domanda ci sia sul mercato e di quanto scarso, per non dire nullo, sia ormai il margine di guadagno per chi alleva questi animali", dichiara Simone Pavesi, responsabile Lav Campagna Pellicce.
Secondo Pavesi, "è necessario che il Parlamento approvi subito la proposta di legge della Lav presentata sia a Camera che Senato e sottoscritta dalle principali forze politiche, finalizzata alla chiusura degli ultimi allevamenti di visone ancora presenti in Italia”.
Se nell’asta di settembre, quella che ha chiuso la stagione 2013-2014, a Copenaghen (che rappresenta un terzo delle esportazioni danesi verso la Cina) il prezzo medio della pelle di un visone è sceso dai 76,90 euro (dicembre 2013) agli attuali 34,65 euro, i dati di vendita registrati alla casa d’aste finlandese Saga Furs sono anche peggiori per il settore dell’allevamento del visone in Europa: oltre il 55% in calo i prezzi delle pelli di visone vendute, con una perdita del profitto del 6%.
Adnkronos
Felici animali e animalisti, ma anche l'ambiente: secondo lo studio di Life Cycle Assessment “The environmental impact of mink fur production” del 2011, commissionato dalla Lav alla società olandese di ricerca e consulenza ambientale Ce Delft, la produzione di 1 kg di pelliccia di visione causa un impatto ambientale maggiore rispetto alla produzione di un analogo quantitativo di materiale alternativo, anche di sintesi, come cotone, acrilico, poliestere (riciclato e vergine) e lana.
La produzione di pellicce è un processo caratterizzato dall'utilizzo di molte sostanze chimiche: formaldeide, metalli pesanti, solventi organici, pesticidi alogenati, idrocarburi policiclici aromatici, alchilfenoli etossilati. Sostanze che vengono impiegate nelle varie fasi, dall'ammollo, per dare elasticità alla pelle alla pulizia per rimuovere residui di carne e grasso, fino alla concia vera e propria, per continuare poi con il candeggio, la tintura, la conservazione.
Molte le aziende che hanno quindi sposato una filosofia fur-free, scelta che si rispecchia anche nei risultati delle ultime aste in Danimarca e Finlandia che hanno segnato un crollo dei prezzi delle pellicce di visone rispetto al 2013: il prezzo medio è sceso del 55% alla più recente asta Saga Furs di Oslo, mentre quest'anno i dati di vendita della danese Kopenhagen Fur, dove solitamente sono commercializzate anche le pelli italiane, è sceso del 40%.
Le pelli grezze di visoni e altri animali “da pelliccia”, sono commercializzate in lotti presso aste internazionali specializzate, acquistate da grossisti e successivamente utilizzate dalle aziende moda.
“Il crollo dei prezzi delle pelli di visone è significativo di quanta poca domanda ci sia sul mercato e di quanto scarso, per non dire nullo, sia ormai il margine di guadagno per chi alleva questi animali", dichiara Simone Pavesi, responsabile Lav Campagna Pellicce.
Secondo Pavesi, "è necessario che il Parlamento approvi subito la proposta di legge della Lav presentata sia a Camera che Senato e sottoscritta dalle principali forze politiche, finalizzata alla chiusura degli ultimi allevamenti di visone ancora presenti in Italia”.
Se nell’asta di settembre, quella che ha chiuso la stagione 2013-2014, a Copenaghen (che rappresenta un terzo delle esportazioni danesi verso la Cina) il prezzo medio della pelle di un visone è sceso dai 76,90 euro (dicembre 2013) agli attuali 34,65 euro, i dati di vendita registrati alla casa d’aste finlandese Saga Furs sono anche peggiori per il settore dell’allevamento del visone in Europa: oltre il 55% in calo i prezzi delle pelli di visone vendute, con una perdita del profitto del 6%.
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