sabato 15 febbraio 2014

Piano del Salice, Mongelli: «Soluzione a una delle criticità più antiche della città»

Il Piano del Salice
Le azioni di recupero urbanistico del Salice sono diventate un Piano che si articola in sei programmi di recupero uno per ciascuno degli ambiti in cui ricadono terreni e fabbricati confiscati, oggi di proprietà comunale ma che, con l’approvazione, avranno una piena legittimazione urbanistica.
Il Piano è stato illustrato, mercoledì scorso, dal sindaco di Foggia, Gianni Mongelli, e dal dirigente del Servizio Urbanistica, Paolo Affatato, nel corso di una Conferenza pubblica a cui hanno partecipato il vicepresidente e assessore alla Qualità del Terrritorio della Regione Puglia, Angela Barbanente, il coordinatore scientifico del Piano Urbanistico Generale di Foggia, Franco Karrer, e il docente di progettazione architettonica della seconda Università di Napoli, Gianluca Cioffi, che ha affiancato Affatato nella qualità di responsabile unico del procedimento.
«Ringrazio tutti coloro che hanno profuso energie e impegno per raggiungere questo risultato che è un risultato dell’Amministrazione – ha rilevato Mongelli – e soprattutto della città dato che andiamo a risolvere una delle criticità più antiche, riportando in una cornice di pianificazione urbanistica un coacervo di abusi e di illegalità che sono andate consolidandosi in più di trent’anni».
«Il Piano – ha detto Affatato – punta al recupero, alla tutela e alla valorizzazione di risorse paesaggistico-ambientali compromesse attraverso azioni di qualificazione che comprendano inevitabilmente una regolarizzazione giuridica degli abusi maturati nel tempo su cui abbiamo effettuato un puntuale monitoraggio di tutte le procedure giudiziarie maturate, delle aree confiscate, di eventuali richieste di istanze di condono e la loro localizzazione e georeferenziazione».
«Il progetto di recupero – ha spiegato Cioffi – fonda sull’idea che la risultante paesaggistica ottenuta dal sistema dei sei nuclei perimetrati e dal sistema paesaggio che li circonda, vada a determinare un grande Parco rurbano, capace di legare insieme le aree agricole residuali, le aree abitate, le case coloniche-masserie e le borgate. Lo schema nasce, quindi, da una prospettiva diversa, guardare, cioè, la città dalla campagna e non viceversa, partire, quindi, dal limite naturale offerto dalle borgate e, attraverso le direttrici dei vecchi tratturi attraversare la fascia rurbana con delle lame di verde che segnano le direttrici di collegamento visivo e fisico tra città e campagna».
«Siamo arrivati a definire una questione di grandissima rilevanza anche considerando che sono davvero rari i casi di successo in Italia rispetto a questioni analoghe», ha osservato Karrer aggiungendo che il tema Salice, «era stata inquadrato già nel Documento programmatico preliminare al PUG del 2006 come una delle maggiori criticità da affrontare nel processo del PUG che, a questo punto, con le norme tecniche del Piano di recupero del Salice che ne anticipano alcuni indirizzi e con i decisivi avanzamenti dei lavori del tavolo tecnico con l’Autorità di Bacino della Puglia, mi pare aver raggiunto un livello di maturazione molto spinto».
L’approvazione da parte del Consiglio comunale, nel 2008, del Piano di recupero non si era rivelata uno strumento efficace.
Fu proprio il professor Karrer, nel corso della prima riunione della Conferenza di copianificazione del PUG del 17 gennaio 2011, a rilevare che quel Piano riguardava un’area troppo grande, ampia tre volte la città consolidata. Nella seconda riunione della Conferenza di copianificazione del PUG del 9 luglio 2012, fu anticipato sarebbero state sperimentate soluzioni del cosiddetto patto citta-campagna attinte dal Piano paesaggistico territoriale regionale e dal Piano territoriale di coordinamento provincale, accogliendo le obiezioni che la Regione Puglia, il 20 gennaio 2011, formulò in una nota che sospendeva il giudizio sull’approvazione definitiva di quel piano adottato nel 2008.
Una volta adottati i 6 piani, un apposito tavolo tecnico-politico determinerà le modalità e gli oneri affinché i beni immobili tornino nel possesso delle persone a cui furono confiscati.
«Oltre a essere un caso di importante e feconda relazione tra le opzioni pianificatorie di Regione e Comune – ha rilevato Barbanente – e a proporre una dimensione vitale e vissuta della campagna, il metodo utilizzato, che tiene insieme progettazione e questioni giuridico-amministrative, si propone come un modello interessante considerando che la concreta sostenibilità di queste operazioni è molto dipendente da una bassa conflittualità con chi abita quei luoghi».
Alcune di questi motivi di conflittualità sono stati ricordati nel corso degli interventi del presidente della Commissione Territorio del Consiglio comunale Raffaele Capocchiano, del consigliere comunale Luigi Vinciguerra e dell’architetto Virginio Stanziale.
L’azione di recupero si limita, quindi, solo alle aree confiscate che occupano una superficie complessiva di oltre 63 ettari, tra via Napoli e via Bari.
Per ciascuno dei sei ambiti, il progetto prevede l’ampliamento della sede stradale, parcheggi, marciapiedi, verde di delimitazione su strada, alberature, cunette, isole ecologiche e lampioni con soluzioni a basso consumo energetico.
[nb]

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