mercoledì 23 novembre 2011

OLIVE A 30 EURO IL QUINTALE A CERIGNOLA: LA RABBIA DEI PRODUTTORI

CERIGNOLA - Neppure il tempo di superare, almeno per quest’anno la crisi del settore vitivinicolo, grazie ad una serie di favorevoli concause e già si affaccia un’altra vertenza che riguarda il settore olivicolo.

I produttori, quando la raccolta è appena cominciata, lamentano infatti la scarsa remuneratività del prodotto che viene oggi venduto tra i 30 ed il 32 euro al quintale. Un prezzo troppo basso per compensare le spese di gestione e per riconoscergli un minimo di reddito.
Facendosi interprete del forte malcontento dei produttori, che starebbero programmando azioni di protesta, il consigliere Salvatore Morano, presidente della Consulta per l’agricoltura, ha indetto un incontro che avrà questo pomeriggio (alle ore 18.30) presso l’aula consiliare del palazzo di città. Una situazione che si ripete dopo che già negli anni scorsi i produttori della “coratina” avevano lamentato la bassa remuneratività dei raccolti, con il prezzo che era partito più o meno dalla stessa base di quest’anno per poi salire, man mano, fino ai 57 euro al quintale, ma quando ormai il grosso del raccolto era stato venduto a prezzi decisamente più bassi. Normalmente, salvo condizioni climatiche eccezionali, il pieno della raccolta avviene a fine novembre quando si verifica la cosiddetta invaiatura che, anche attraverso la variazione del colore, è un indice della maturazione del prodotto.

Ma va da sé che man mano che il prodotto rimane sulla pianta perde peso.

Di qui la necessità di “racco gliere” e la protesta dei produttori che, ancora una volta, sono facile preda della legge di mercato imposta dai frantoiani e più in alto, dai grossi compratori di olio che gestiscono il mercato su più vasta scala e che talora utilizzano il nostro ottimo olio come base per una redditizia miscela con olii di più bassa qualità (e prezzo) provenienti dai paesi dalla Grecia e dal nord Africa. Una vecchia storia alla quale non si è ancora riusciti a porre rimedio, con la speculazione che riesce a triangolare, in qualche modo favorita anche da permissive normative comunitarie che penalizzano la qualità e la nostra agricoltura, comparto che rimane costantemente in affanno.Con uno sfondo del genere c’è da dire, una volta di più, che i nostri produttori pagano a caro prezzo la loro incapacità di fare squadra, ed è abbastanza normale che senza una visione d’insieme si finisca spesso per soccombere, innescando il solito pianto greco che in tempi di vacche grasse aveva connotati di congenito piagnisteo e che ora ha invece un serio fondamento.

Un discorso che vale un po’ per tutte le produzioni della nostra agricoltura che al massimo possono tirare il fiato per una buona o discreta annata, ma che tuttavia non hanno certezze per il futuro visto che i mercati sono legati ad un andamento variabile e che, quando non sono proprio costretti a cedere per carenza di scorte o di potere contrattuale, gli industriali pagano il minimo possibile.E la storia si ripete.

Fonte : Gazzetta del Mezzogiorno (Puglia) 

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