Un Sindaco per Monte. Le “sinistre” dinamiche angioline
di Nico Baratta
A quanto pare – o forse leggendo il
seguito dell’articolo – la scelta del PD per il prossimo candidato sindaco di
Monte Sant’Angelo ha avuto i natali. Gli stessi avuti nel 2012 prima che la
coalizione preferì poi il sindaco uscente di centrodestra. Il nome è noto negli
ambiti angiolini e si tratta di Pierpaolo
d’Arienzo, agronomo ed ex segretario cittadino del partito. Un
nome che, a quanto pare, è ben visto dalla società civile associata ma che, ed
è giusto ricordarlo, nel 2012 fu cooptato da una parte del PD per poi essere
“bruciato” dall’altra, preferendo il già sindaco Andrea Ciliberti. Scelte discutibili, spesso prevedibili,
facenti parte delle dinamiche politiche contrapposte di una coalizione che da
sempre non si accorda prima se masochisticamente si fa del male. E questo
lascia ben comprendere, anche presagire, che la partita sul nome di d’Arienzo è
aperta e quei natali potrebbero trasformarsi nell’ennesima “scottatura” (non
diciamo “trombatura”) di una persona che mitemente è al servizio del partito.
A Monte si discute animosamente
sul futuro Primo Cittadino, meglio dire sul futuro di chi politicamente dovrà
amministrarla. A parte la già nota candidatura del
movimento politico vicino ai pentastellati, quello del “Meet Up Relais 5
stelle”, che ha da tempo reso noto il nome di Pina
Gentile quale candidato sindaco, il centrodestra e
il centrosinistra di Monte non hanno ufficializzato il loro.
Strategie o indecisioni? Attese per il dopo primarie PD o battibecchi interni laddove
si vuol imporre il nome in base al numero di tessere e legittimazioni plenarie
dopo la scelta del futuro segretario nazionale piddino? In realtà sono tutti
interrogativi che, analizzando il quadro politico nazionale, trovano risposte
nelle domande. Ed il PD non è nuovo a queste dinamiche, specie quando in ballo
c’è il predominio del territorio.
Monte a breve si esprimerà su
chi la deve amministrare. Il centrodestra non ha ancora deciso con chi lo farà e né
lascia trapelare probabili candidati. Si attende il nome del loro candidato
sindaco che ragion di forza dovrà soddisfare un elettorato più volte
condizionato da dicerie popolane.
Il centrosinistra anzi solo il
PD, invece, ha già partorito –ma non ancora allattato- un nome, quello detto
precedentemente. La quadra, tuttavia e secondo
indiscrezioni interne agli aficionados del
centrosinistra montanaro, non pare essere trovata poiché il nome citato non
confà a chi a Monte detiene maggioranze elettive. L’ostacolo principale che il
PD deve superare, stando sempre alle indiscrezioni ascoltate in piazza –e
quando il popolo vocifera in particolare nei vicoli che alimentano il passeggio
su Corso Vittorio Emanuele prossimo a Via Reale Basilica, la verità sta nel mezzo, e c’è-, è quello familiare
dei Fusilli che da
ben due anni hanno lavorato alacremente per un loro candidato sindaco.
Ingoiando un boccone amaro, con il veto su d’Arienzo, la famiglia Fusilli
potrebbe far cambiar le carte in tavola alla futura o probabile coalizione di
centrosinistra. Loro hanno i voti, e tanti, e Monte lo sa e il PD lo sa. Il
centrosinistra è quel raggruppamento da sempre di “parenti serpenti” –le
cronache nazionali sono speculari al problema- quando la posta in palio è una
comoda poltrona specie se apicale, che ora deve riflettere più che accelerare
per il loro candidato sindaco.
Pierpaolo d’Arienzo sarebbe, sempre per le voci di piazza predette, la forzata espressione (e poi capirete il perché) della famiglia Vergura congiunta per sintesi politica con il presunto veto di Raffaele Piemontese, che a Monte –casa sua- gode
di popolarità ed anche voti. Ma – sempre le voci di piazza, non di bar
attribuite ad altre formazioni politiche – il gioco potrebbe avere
avvicendamenti nello scenario politico locale. A parte le pressioni impresse
dalla vicina Manfredonia, roccaforte del PD di tutta la provincia di Foggia,
che vedrebbe in Paolo
Campo uno dei probabili artefici per la
decisione del nome da far sedere sullo scranno più alto di Piazza Roma, qui a
Monte chi vorrebbe imporre una linea politica tutta sua, tralasciando anche le
scelte dei Fusilli con la lista “Monte Riparte”, è la lista civica “La Città
Nuova”. Ormai guidata unilateralmente da Franco
Salcuni, da quando da metà marzo 2017 una buona parte si è
dissociata e con essa anche il co-fondatore Michele
Ciuffreda, La
Città Nuova avrebbe in serbo un suo candidato sindaco.
La piazza, sempre la stessa, vocifera
che sarebbe lo stesso Salcuni il candidato preferito; altri luoghi sentenziano
nomi ascrivibili al PD poiché la civica è una parte della coalizione e perciò
subordinata. Ma, forse, non è e non sarà così, giacché la civica di Salcuni
lancia continuamente messaggi di scissione e corsa solitaria al Palazzo, così
da legittimare la prima ipotesi sul nome. Tuttavia, la storia lo testimonia,
alla fine e tra un incarico e varie promesse le civiche e chi le gestisce si
accodano al partito prevalente; l’importante è cercar di far parte anche del
Consiglio comunale. Una chiave di lettura altisonante sarebbe quella di un Campo sceso nuovamente in campo –scusate il
gioco di parole…- per rafforzare i Vergura e perciò dar seguito alla scelta su
d’Arienzo. Forza che verrebbe da decisioni manfredoniane cui i Vergura da
sempre fanno capolinea, particolarmente ora che la mozione nazionale del
Ministro Andrea Orlando è stata scelta dal PD del Golfo. E i Vergura, stando alle cronache locali, votano la
“mozione Orlando” perché così votano i manfredoniani (come vogliono Bordo e
Campo), contrariamente a quella “Emiliano” sponsorizzata a spada tratta da
Piemontese. E Orlando,
tanto per ricordarlo, ha fatto il pienone di consensi a Manfredonia superando Emiliano (in provincia di Foggia
Orlando 1.886 voti (33,5%), Emiliano 1.690, (30%), Renzi 2.059 (36,5 %). Ma c’è
anche un precedente, quello del 2012, che riletto in chiave strategica
“Politically Incorrect”, perché in quell’anno d’Arienzo fu bruciato da
quest’ultimi, la scelta piddina sarebbe sacrificabile pur di non far indossare
la fascia tricolore ai Fusilli. E qui Campo ha voce in capitolo, dimostrando
autorevolezza politica più di Piemontese, giacché non digerisce il nome ad oggi
scelto (come fu nel 2012 che riuscì a “trombarlo”), fino al punto di poter
stabilire tregue politiche accordandosi con Piemontese e cambiar carte in
tavola. Ma i conti si fanno sempre quando la processione ha termine. E a Monte,
ed è risaputo, chi conduce le processioni del centrosinistra sono i Fusilli;
tutte le altre forze politiche di parte, partitiche, civiche e affini, si
accodano pur di intascare la vittoria. Una processione che a dir il vero ha
sempre avuto in testa non chi rappresenta la maggioranza voluta, bensì chi la
amministra sotto traccia da molti anni. E di dirigenti pubblici con tal forza
Monte ne è piena, in particolare chi ha parentele familiari con esponenti di
spicco politico locale. Esponenti che non lesinano a chi non la pensa come loro
gratuiti commenti conferendo tal compito a “simil-principi”, foraggiati tra
l’altro e mai esposti pubblicamente in elezioni – dove si misura la forza
politica e perciò l’autorevolezza -, che impastano tutto facendo incordare e
appallottolare il significato invece di renderlo consistente al punto giusto.
Scelte opinabili ma palesemente vere e riscontrate, non da me ma da chi è di
Monte e vicini a loro –questo sempre detto dalle voci popolane di quei vicoli
summezionati-.
Monte, e tutti lo sappiamo, sta
uscendo da una situazione incresciosa, costruite –
secondo le mie considerazioni e soprattutto l’attenta lettura dell’ultima
sentenza del TAR ed anche da fonti politiche di casa piddina nazionale e non
locale – per delegittimare un’amministrazione accusata di “infiltrazoni della criminalità“.
Considerazioni forti quest’ultime,
che sono la risultante di una campagna denigratoria messa a punto per far si
che a Piazza Roma non vi salissero più chi amministrava il comune garganico. E
questo è disgustante, infamante, perché la persona va rispettata e con essa la
sua dignità e legalità che Monte conosce molto bene. Le etichette spesso fanno
più male delle sentenze e chi ha etichettato dovrebbe rendere venia, anzi
scusarsi pubblicamente. Non è bene far dell’erba tutto un fascio ed etichettare
solo per futuri crediti politici, poiché la mafia, oltre a uccidere come è già
avvenuto poco tempo fa, se proprio vogliamo dirla tutta e trascrivere
sommariamente ciò che le sentenze hanno redatto, è ancora li, in quel
territorio perché tra i nomi citati dagli inquirenti figurano persone del
pubblico e privato impiego che continuano a lavorare, mentre quelle politiche
son state mandate e casa, minoranza inclusa che è parte integrante di quel
Consiglio comunale. E con loro chi oggi gode di sconti di pena, di cavilli
giudiziari anche in presenza di flagranza di reato.
Quest’ultima citazione non è casuale.
L’assoluzione “per non aver
commesso il fatto” su un reato contestato nel novembre del 2016 a due noti personaggi vicino al clan Libergolis e
fiancheggiatori dei Pacilli in particolare del boss Giuseppe detto “Peppe u
Muntanar”, Enzo Miucci e Matteo Pettinicchio, trovati in possesso di armi
occultate all’interno del vano airbag della Ford Fiesta su cui viaggiavano
sulla A14 nei pressi di San Severo, e l’assoluzione dei presunti
responsabili dell’attentato -tra
questi anche Ivan Rosa, assassinato di lì a poco, a Bosco Quarto il 19 marzo
2014 (ucciso a colpi di fucile calibro 12)-, ai danni del Dirigente
dell’Ufficio Tecnico del Comune di Monte Sant’Angelo (un architetto), fatto che
venne ritenuto utile per l’avvio della Commissione di accesso, sono l’ennesima
beffa per chi sperava nel trionfo della legalità in nome di un provvedimento del TAR che ha
“condannato”, rimuovendo dal proprio incarico di amministratori, persone per
bene. Difatti, anche con l’Operazione Rinascimento,
e perciò con l’implicazione anche degli scagionati, si diede seguito allo scioglimento del Consiglio comunale
di Monte Sant’Angelo per
infiltrazioni e alla genesi delle diffamazioni, ingiurie e colpe a chi oggi
spera giustamente in un capovolgimento, di fronte a questi fatti, da parte del
Consiglio di Stato, ma dapprima alla riabilitazione di quella onorabilità che
ha sempre contraddistinto chi ha ricoperto la carica di Sindaco e di tutta
l’Amministrazione comunale, minoranza compresa. E qui si apre un altro
scenario, rilevante a mio avviso, che Monte deve sapere per poter decidere il
suo futuro Primo Cittadino. È giunta voce che sabato prossimo a Monte Sant’Angelo farà
visita Vittorio
Sgarbi.
Per chi non lo sapesse Sgarbi è stato sindaco dal 2008 del comune
siciliano di Salemi fino
a quando nel 2012 fu sciolto per inquinamenti mafiosi. Ora, che c’azzecca
Sgarbi, cui va tutta la mia stima? Il critico internazionale d’arte,
opinionista tv, ex parlamentare e sindaco dovrebbe partecipare a una
manifestazione per i siti Unesco organizzata da Franco Salcuni che giustamente parla tanto di legalità e
politicamente di soggetti sciolti per mafia. Ma Salcuni è a conoscenza delle
vicende giudiziarie di Sgarbi, peraltro perse sia al TAR, sia al Consiglio di
Stato? A dir il vero neanche io credo nella complicità di Sgarbi nelle
infiltrazioni mafiose siciliane, ma i giudici dicono il contrario con le
sentenze. Niente di meno di quello che sta accadendo a Monte e che la minoranza
–capogruppi compresi- è anch’essa facente parte di quel Consiglio comunale
sciolto per mafia, ne fa uso e abuso per suoi fini politici. Quella minoranza,
che ripeto è parte di quello scioglimento mafioso, dovrebbe lottare per ridare
legalità a eventi estranei alle loro azioni, conferendo loro in egual misura
quell’onorabilità depredata ingiustamente ad altri. Qualche giovinetto dovrebbe
far ammenda, per esperienza politica e di vita, quando gli viene “imposto” di
tacere per affermazioni che lo riguardano. Pertanto e alla luce delle ultime
vicende giudiziarie scagionanti palesi violazioni della legge, devo considerare
che il ‘perverso’ gioco della Cosa Pubblica ammaestrata da uomini che vogliono
il potere, i soldi, gli appalti, il controllo del territorio e della politica,
continuerà se non si comprenderà che la pulizia va fatta laddove il marcio ha
messo radici da anni, spesso tutelato dalle leggi e cavilli giurisprudenziali
che favoriscono la pubblica amministrazione, reintegrando finanche chi la viola
alla luce di riprese video degli inquirenti; i casi nazionali dei “furbetti del multibadge”
sono eloquenti, con Foggia compresa.
Un pattume di gente che anche tra
parentele si avvicendano nei palazzi che contano. Ma il centro garganico è
talmente piccolo e le parentele sono “obbligate”. Ma questo i magistrati lo
vedono con due occhi differenti laddove in ballo c’è una politica che li nomina
attraverso ministeri comandati da ministri, ovvero fiduciari di un Governo
politico. Del resto, e come da sempre sostengo, le persone sono imperfette e
con esse anche quello che fanno, magistratura compresa specie se politicizzata.
Ma questo è un altro argomento che verrà affrontato all’occorrenza.
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