giovedì 5 settembre 2013

Grecia, cibi quasi scaduti in vendita. Davvero pericolosi per la salute?

Sugli scaffali dei supermercati greci si possono già trovare cibi quasi scaduti a prezzi scontati. “Quasi”, perché il provvedimento anti crisi previsto dal Governo greco, consente la vendita anche a prodotti che hanno superato il “Termine Minimo di Conservazione”, un termine per il consumo del prodotto non perentorio.  Le polemiche non mancano, soprattutto da chi vede i cittadini greci esposti a seri rischi per la salute.

Obiettivo della norma è contrastare la crisi andando incontro ai produttori, che possono vendere prodotti altrimenti destinati alla distruzione, e ai consumatori viste le promozioni a cui sono sottoposti i prodotti “quasi” scaduti. Le autorità greche tranquillizzano precisando che non vi sono pericoli per la salute dei consumatori, in quanto il provvedimento riguarda solo i prodotti non altamente deperibili e con un termine minimo di conservazione  non strettamente legato alla salute umana. Inoltre si prevede un limite “oltre scadenza”: la merce con giorno e mese di scadenza potrà rimanere in vendita per una settimana dopo la data stampata sulla confezione, quella con mese e anno per un mese, mentre quella con un anno potrà rimanere sugli scaffali per tre mesi.

In effetti il Termine Minimo di Conservazione (TMC) è un riferimento per il consumo meno perentorio rispetto alla data di scadenza. Si identifica con la scritta “Da consumarsi preferibilmente entro il…”, se la durabilità è meno di 3 mesi e in questo caso troveremo indicato il giorno e il mese. “Da consumarsi preferibilmente entro la fine…” se invece il prodotto è conservabile dai 3 ai 18 mesi (indicazione del mese e dell’anno) oppure oltre i 18 mesi (indicazione solo dell’anno).

Un termine di durabilità, quindi. Ovvero un limite temporale entro il quale il prodotto conserva e garantisce le sue proprietà organolettiche. Una sorta di indicatore di qualità, che il consumatore può superare con un minimo di margine di discrezionalità. Questo significa che il consumatore può consumare il prodotto oltre la data impressa sull’etichetta senza incorrere in rischi di salute, ma con la consapevolezza che potrebbe aver perso sapore, fragranza o altre proprietà. Per quanto tempo questa violazione è concessa senza rischi non è dato sapere.

I consumatori possono da sempre consumare il prodotto oltre la data indicata dal TMC. Non tutti però sono adeguatamente informati. Difficile capire se il pacco di pasta scaduto due mesi fa può essere ancora cucinato oppure se per le uova scadute da uno o due giorni è sufficiente il metodo dell’immersione in acqua e sale. Il TMC è stabilito sotto la responsabilità del produttore, quindi il consumatore gode della più ampia discrezionalità sul se e quando consumare il prodotto dopo la data.

Diverso il caso della data di scadenza, indicata nei prodotti altamente deperibili da un punto di vista microbiologico con la dicitura “Da consumarsi entro…”. Se il termine non è rispettato ci possono essere conseguenze sulla sicurezza e salubrità del consumatore.

“In chiave generale il provvedimento greco sembra ledere la sicurezza dei prodotti” – ha spiegato a Help Consumatori Paolo Stacchini, Responsabile di Sicurezza Chimica nelle Filiera Alimentari dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS). “Non si tratta quindi di prodotti avariati in vendita, ma si tratta di una norma da valutare con attenzione. E’ essenziale capire che quando si parla di alimenti ci troviamo di fronte a mondi molto diversi. In una stessa fascia di prodotti alimentari, ricadono casi con caratteristiche diverse che possono avere termini di deperibilità differenti. Qualsiasi prodotto alimentare che richiede condizione vincolate, ad esempio di conservazione come nel caso dei surgelati, presenta una vulnerabilità maggiore in termini di deperimento”.

La definizione del TMC è una responsabilità dell’operatore alimentare. E’ possibile, quindi, trovarsi di fronte a uno stesso prodotto realizzato da due ditte diverse e con due termini di conservazione diversi.

“Il rispetto del TMC è strettamente correlato alla condizioni di conservazione previste per il prodotto”, precisa Stacchini. Ad esempio, per l’olio extra vergine di oliva, che ha un termine minimo di conservazione a 18 mesi dalla data di imbottigliamento, è sempre presente l’indicazione “Conservare in luogo fresco e asciutto lontano da fonti di luce e di calore”. Si tratta di tre regole di conservazione essenziali per evitare che l’azione dei composti antiossidanti (tra le quali i composti fenolici ed i tocoferoli) venga annullata e che quindi le proprietà nutrizionali e organolettiche dell’olio vengano mantenute entro la data riportata dal TMC.

La lotta agli sprechi alimentari e un alleggerimento del peso della spesa alimentare sul bilancio familiare in questo momento di crisi potrebbe già essere gestito dai consumatori, se adeguatamente informati sulle modalità di conservazione degli alimenti e sulla loro durabilità. Il provvedimento greco va quindi soprattutto incontro ai produttori alimentari, che hanno sperimentato un crollo delle vendite.

Silvia Biasotto - www.helpconsumatori.it

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