Con la crisi perse 85.000 imprese artigiane e commerciali
La crisi, purtroppo, ha colpito duramente anche i lavoratori autonomi. Dal suo inizio (gennaio 2008) ad oggi (l’ultimo dato disponibile è riferito al 31 marzo 2013) abbiamo perso quasi 85.500 unità imprenditoriali costituite da artigiani e da piccoli commercianti.
La crisi, purtroppo, ha colpito duramente anche i lavoratori autonomi. Dal suo inizio (gennaio 2008) ad oggi (l’ultimo dato disponibile è riferito al 31 marzo 2013) abbiamo perso quasi 85.500 unità imprenditoriali costituite da artigiani e da piccoli commercianti. I numeri sono stati elaborati dalla CGIA di Mestre su dati Infocamere-Movimprese. Se all’inizio della crisi questi due settori contavano complessivamente quasi 2.369.000 aziende, cinque anni dopo si sono attestate poco sopra i 2.283.000 unità. Tra gli artigiani, in particolar modo, si è registrata una vera e propria ecatombe: tra le 85.500 imprese che non ci sono più, ben 77.670 (pari al 90,9%) erano imprese artigianali. Nell’ultimo trimestre la moria è continuata ad aumentare: tra il 31 dicembre dell’anno scorso e il 31 marzo di quest’anno ci ritroviamo con 27.800 imprese in meno.
“I lavoratori autonomi – segnala Giuseppe Bortolussi segretario della CGIA di Mestre - una volta chiusa l’attività si trovano per strada. A differenza dei lavoratori dipendenti, gli artigiani e i commercianti non possono usufruire di nessun ammortizzatore sociale. La cassa integrazione - sia essa in deroga, ordinaria o straordinaria – piuttosto che la mobilità sono istituti dati in esclusiva ai lavoratori dipendenti. Per chi possiede una partite Iva, invece, una volta chiusa l’attività si apre da subito l’inferno della disoccupazione.”
Nonostante i dati della nati-mortalità riferita al totale delle aziende presenti in Italia continua essere positivo (al 31-12-2012 il saldo è stato pari a +18.911), il problema rimane la disoccupazione che, purtroppo, continua a crescere. Ciò vuol dire che a chiudere sono le realtà imprenditoriali strutturate e con dipendenti, mentre ad aprire sono, in buona parte, micro aziende costituite quasi esclusivamente dal titolare.
“La contrazione del numero delle piccole attività artigianali/commerciali – conclude Bortolussi – va ricercata anche nella forte contrazione registrata in questi ultimi anni dai consumi delle famiglie. Queste attività imprenditoriali vivono quasi esclusivamente della domanda interna. Se quest’ultima crolla molte attività sono destinate alla chiusura. Per questo auspichiamo che il Governo scongiuri l’aumento dell’Iva previsto per il prossimo mese di luglio. Se non dovesse essere così, le saracinesche che nei prossimi anni resteranno abbassate per sempre continueranno ad aumentare in maniera preoccupante.”
www.cgiamestre.com
La crisi, purtroppo, ha colpito duramente anche i lavoratori autonomi. Dal suo inizio (gennaio 2008) ad oggi (l’ultimo dato disponibile è riferito al 31 marzo 2013) abbiamo perso quasi 85.500 unità imprenditoriali costituite da artigiani e da piccoli commercianti. I numeri sono stati elaborati dalla CGIA di Mestre su dati Infocamere-Movimprese. Se all’inizio della crisi questi due settori contavano complessivamente quasi 2.369.000 aziende, cinque anni dopo si sono attestate poco sopra i 2.283.000 unità. Tra gli artigiani, in particolar modo, si è registrata una vera e propria ecatombe: tra le 85.500 imprese che non ci sono più, ben 77.670 (pari al 90,9%) erano imprese artigianali. Nell’ultimo trimestre la moria è continuata ad aumentare: tra il 31 dicembre dell’anno scorso e il 31 marzo di quest’anno ci ritroviamo con 27.800 imprese in meno.
“I lavoratori autonomi – segnala Giuseppe Bortolussi segretario della CGIA di Mestre - una volta chiusa l’attività si trovano per strada. A differenza dei lavoratori dipendenti, gli artigiani e i commercianti non possono usufruire di nessun ammortizzatore sociale. La cassa integrazione - sia essa in deroga, ordinaria o straordinaria – piuttosto che la mobilità sono istituti dati in esclusiva ai lavoratori dipendenti. Per chi possiede una partite Iva, invece, una volta chiusa l’attività si apre da subito l’inferno della disoccupazione.”
Nonostante i dati della nati-mortalità riferita al totale delle aziende presenti in Italia continua essere positivo (al 31-12-2012 il saldo è stato pari a +18.911), il problema rimane la disoccupazione che, purtroppo, continua a crescere. Ciò vuol dire che a chiudere sono le realtà imprenditoriali strutturate e con dipendenti, mentre ad aprire sono, in buona parte, micro aziende costituite quasi esclusivamente dal titolare.
“La contrazione del numero delle piccole attività artigianali/commerciali – conclude Bortolussi – va ricercata anche nella forte contrazione registrata in questi ultimi anni dai consumi delle famiglie. Queste attività imprenditoriali vivono quasi esclusivamente della domanda interna. Se quest’ultima crolla molte attività sono destinate alla chiusura. Per questo auspichiamo che il Governo scongiuri l’aumento dell’Iva previsto per il prossimo mese di luglio. Se non dovesse essere così, le saracinesche che nei prossimi anni resteranno abbassate per sempre continueranno ad aumentare in maniera preoccupante.”
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