Carne di cavallo: Buitoni ritira tortellini e ravioli in Italia e Spagna
Percentuali di carne di cavallo sono state rinvenute anche nelle confezioni di “Tortellini di carne” e “Ravioli di Brasato” Buitoni, prodotti dalla Nestlé: la multinazionale ha ritirato i prodotti dai mercati di Italia e Spagna. Non ci sono problemi di sicurezza alimentare, assicura Nestlè, perché dalle analisi sono emerse tracce di Dna di cavallo pari a poco più dell’1%. A Bruxelles parla Testori Coggi della Direzione Sanco.I prodotti ritirati dalla Nestlè saranno sostituiti con altri “che i test confermeranno essere al 100% di manzo”. In una nota Nestlè precisa che sono state sospese “tutte le consegne di prodotti finiti con manzo della tedesca H. J. Schypke, società che lavora per uno dei nostri fornitori”. “Stiamo rafforzando i controlli di qualità con nuovi test. Assicurare la qualità e la sicurezza dei nostri prodotti è stata sempre una priorità per Nestlè. Ci scusiamo con i consumatori e assicuriamo che le azioni prese per far fronte a questo problema si tradurranno in più alti standard e in una rafforzata tracciabilità” aggiunge Nestlè, precisando che saranno ritirate dalla vendita anche le ‘Lasagnes a la Bolognaise Gourmandes’ prodotte in Francia.
E così, a distanza di due settimane dallo scandalo della carne di cavallo non indicata in etichetta, scoppiato nel Regno Unito, l’allerta arriva anche in Italia. Sono diverse le voci che chiedono una legge europea sulla tracciabilità delle carni, di tutti i tipi di carne.
Secondo Federconsumatori e Adusbef la“vicenda è gravissima e riaccende i riflettori su una questione vitale: l’informazione ai cittadini circa i prodotti che consumano, a partire proprio da ciò che portano in tavola”. “È un sacrosanto diritto di ogni cittadino conoscere con esattezza e precisione cosa mangia – dichiarano Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti, Presidenti di Federconsumatori e Adusbef – Da anni ci battiamo, al fianco delle più importanti organizzazioni del settore alimentare, affinché questo diritto fondamentale venga riconosciuto per legge. È ora di finirla con test e analisi a posteriori: se esistesse una normativa severa sull’obbligo di indicazione di origine e di composizione per tutti i prodotti alimentari, non solo del prodotto finito ma anche di tutti i suoi componenti, truffe e frodi di questo genere sarebbero stroncate sul nascere” denunciano i due Presidenti, secondo cui “quanto accaduto deve far aprire gli occhi all’Europa sulla necessità e l’urgenza di dare il via libera ad una legge in tal senso”.
In Italia tale legge già esiste, “ma è stata ottusamente ed incomprensibilmente contrastata dalla stessa UE”. Ma, come rivela questo scandalo ribattezzato l’horsegate, le normative sull’indicazione di origine e composizione non possono essere circoscritte ad un unico paese, ma devono essere attivate a livello internazionale, a partire dall’Europa, per poi estendersi anche oltre. La sicurezza alimentare è un aspetto delicatissimo, che intacca direttamente l’integrità della persona. Per questo non esistono motivazioni di carattere economico o vincoli burocratici che reggano di fronte alla necessità di tutelare questo diritto primario.
E la Coldiretti avverte: “In Italia, nel 2012, sono stati importati 30 milioni di chili di carne di cavallo, asino o mulo senza l’obbligo di indicarne la provenienza in etichetta nella vendita al dettaglio tal quale o come ingrediente nei prodotti trasformati”. Quasi la metà di questa carne arriva dalla Polonia, ma anche da Francia e Spagna mentre poco più di un milione di chili proviene dalla Romania che sembra essere uno dei principali imputati dell’ “horsegate” che sta sconvolgendo l’Europa. Uno scandalo che conferma che il piano limitato di controlli con test del Dna approvato dall’Unione Europea è fumo negli occhi dei cittadini se non sarà accompagnato da misure strutturali destinate a durate nel tempo come l’obbligo di indicare in etichetta la provenienza di tutti i tipi di alimenti, per evitare che episodi simili si ripetano in futuro.
Secondo le analisi della Coldiretti gli italiani sono tra i maggiori consumatori di carne di cavallo in Europa con un quantitativo medio di 1 chilo a testa per un totale di 42,5 milioni di chili. “In Italia – sostiene la Coldiretti – lo scambio di carni all’insaputa dei consumatori è vietato dal decreto legislativo 109 del 1962 che obbliga ad indicare in etichetta la specie animale da cui proviene la carne utilizzata come ingrediente, ma lo scandalo ripropone l’esigenza di una accelerazione nell’entrata in vigore di una legislazione piu’ trasparente sulla etichettatura della carne e degli altri alimenti a livello comunitario – rilancia la Coldiretti – Ad oggi ad esempio nell’Unione Europea è obbligatorio indicare in etichetta la provenienza della carne bovina dopo l’emergenza mucca pazza, ma non quella della carne di maiale o di coniglio e cavallo.
L’Italia, con un provvedimento nazionale che ha reso obbligatorio indicare l’origine in etichetta anche per la carne di pollo, il latte fresco e la passata di pomodoro è in anticipo sull’ Europa dove si procede con estrema lentezza. Il Regolamento (Ue) n. 1169/2011 relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori approvato nel novembre 2011 dopo 46 mesi entrerà in vigore il 13 dicembre 2014 per l’obbligo di indicare in etichetta l’origine delle carni suine, ovine, caprine e dei volatili mentre per le carni diverse come quella di coniglio e per il latte e formaggi tale data rappresenta solo una scadenza per la presentazione di uno studio di fattibilità. “Si tratta – conclude la Coldiretti – di un arco di tempo intollerabile rispetto alle esigenze delle imprese agricole e dei consumatori che negli ultimi anni hanno dovuto affrontare gravi emergenze alimentari che hanno pesato enormemente con pesanti conseguenze in termini economici e soprattutto di vite umane”.
Anche la Cia-Confederazione italiana agricoltori punta il dito sulle gravi carenze della legislazione comunitaria sulla tracciabilità dei prodotti alimentari. Anche perché “la trasparenza della filiera della materia prima non si fa soltanto con i test del Dna”. I controlli decisi dall’Ue a partire da marzo possono rappresentare una prima risposta allo scandalo, una misura “tampone” per ridare fiducia ai consumatori ed evitare psicosi collettive – sottolinea la Cia – ma certo non risolvono il problema alla radice. Per evitare il ripetersi in futuro di casi del genere, l’unica soluzione strutturale è l’etichettatura d’origine obbligatoria su tutti gli alimenti freschi e trasformati, cominciando proprio dall’estensione dell’obbligo di provenienza per ogni tipo di carne e non più solo quella bovina.
Legambiente chiede controlli severi e maggiore sicurezza nella tracciabilità. “E’ necessario che le aziende si impegnino a fare verifiche rigorose sui fornitori e che i controlli proseguano severi – dichiara Rossella Muroni, direttore generale di Legambiente – Non esiste solo la questione della sicurezza alimentare, legata in questo caso alla qualità della carne di cavallo scoperta dato che non tutti i cavalli possono essere destinati al macello, ma anche quella della trasparenza e tracciabilità. Etichette che riportino con esattezza la composizione dei prodotti sono un diritto che deve essere garantito ai cittadini consumatori, compito che in Europa dovrebbe essere assicurato dall’Efsa proprio per non incorrere in situazioni come quella che si sta invece verificando con la carne di cavallo”.“Questa esperienza – aggiunge Antonino Morabito, responsabile Fauna e benessere animale di Legambiente – ripropone la necessità di una corretta cultura alimentare, che riduca il consumo di carne, a partire da quella prodotta negli allevamenti intesivi dove è praticamente assente l’attenzione al benessere animale che, invece, deve essere sempre garantito”.
Il Codacons sferra un durissimo attacco all’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare. “Di fronte ad episodi gravissimi come questo, che portano addirittura al ritiro dei prodotti dal commercio, ci chiediamo quale sia il ruolo dell’Efsa e come operi concretamente questa Autorità – spiega il Codacons – Appare assurdo che un ente, nato proprio per tutelare i consumatori europei sul fronte alimentare, non abbia saputo prevenire uno scandalo di tale entità. I vertici dell’Autorità dovrebbero dimettersi e – prosegue l’associazione – considerati i soldi che ogni anno vengono spesi per tenere in piedi l’Efsa, stiamo preparando un esposto alla Corte dei Conti e alla Procura della Repubblica di Parma, affinché si accerti il corretto utilizzo dei fondi pubblici”.
“La vicenda della carne di cavallo dimostra chiaramente come sia oramai indispensabile un sistema di tracciabilità totale dei prodotti alimentari, al fine di garantire ed informare i consumatori circa la “vita” dell’alimento, dal campo o dall’allevamento fino alla tavola – afferma il Presidente Carlo Rienzi – Non a caso il Codacons, assieme ai grandi network mondiali, sta studiando un sistema per assicurare, attraverso le analisi del DNA di tutti i prodotti alimentari, la tracciabilità assoluta degli alimenti in tutti i suoi passaggi, partendo dal mangime somministrato agli animali fino ad arrivare all’esposizione sui banchi di mercato o presso gli scaffali dei supermercati”.
Altroconsumo chiama in causa il Ministero: “A rispondere, immediatamente, dovrebbe essere il Ministero della Salute italiano, con un gesto di trasparenza nei confronti dei consumatori. Comunichi quindi immediatamente i risultati dei controlli in corso in Italia” scrive Altroconsumo in una nota.
Infine, Assomacellai Fiesa, condannando fermamente l’episodio, ci tiene a fare un po’ di chiarezza sulla notizia. La questione denunciata dai media riguarda la violazione delle norme di etichettatura (art 5 legge 109/1992) e l’informazione al consumatore, prefigurando la frode in commercio operata da grandi marchi dell’industria alimentare, ma non riguarda la salubrità o la sicurezza alimentare dei prodotti alimentari e tanto meno di quelli equini. Il rischio evidente è che si passi dalla denuncia di violazione del principio di corretta informazione dei consumatori che hanno il diritto di conoscere ciò che acquistano, alla sicurezza della carne equina che non è messa in discussione. “Episodi come quelli denunciati richiedono la massima sorveglianza delle autorità competenti e la più rigorosa applicazione della legge – conclude la nota di Assomacellai – perché sono gravemente lesivi degli interessi di un settore importante della nostra economia e di un prodotto sano e richiesto in molte diete alimentari”.
www.helpconsumatori.it
E così, a distanza di due settimane dallo scandalo della carne di cavallo non indicata in etichetta, scoppiato nel Regno Unito, l’allerta arriva anche in Italia. Sono diverse le voci che chiedono una legge europea sulla tracciabilità delle carni, di tutti i tipi di carne.
Secondo Federconsumatori e Adusbef la“vicenda è gravissima e riaccende i riflettori su una questione vitale: l’informazione ai cittadini circa i prodotti che consumano, a partire proprio da ciò che portano in tavola”. “È un sacrosanto diritto di ogni cittadino conoscere con esattezza e precisione cosa mangia – dichiarano Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti, Presidenti di Federconsumatori e Adusbef – Da anni ci battiamo, al fianco delle più importanti organizzazioni del settore alimentare, affinché questo diritto fondamentale venga riconosciuto per legge. È ora di finirla con test e analisi a posteriori: se esistesse una normativa severa sull’obbligo di indicazione di origine e di composizione per tutti i prodotti alimentari, non solo del prodotto finito ma anche di tutti i suoi componenti, truffe e frodi di questo genere sarebbero stroncate sul nascere” denunciano i due Presidenti, secondo cui “quanto accaduto deve far aprire gli occhi all’Europa sulla necessità e l’urgenza di dare il via libera ad una legge in tal senso”.
In Italia tale legge già esiste, “ma è stata ottusamente ed incomprensibilmente contrastata dalla stessa UE”. Ma, come rivela questo scandalo ribattezzato l’horsegate, le normative sull’indicazione di origine e composizione non possono essere circoscritte ad un unico paese, ma devono essere attivate a livello internazionale, a partire dall’Europa, per poi estendersi anche oltre. La sicurezza alimentare è un aspetto delicatissimo, che intacca direttamente l’integrità della persona. Per questo non esistono motivazioni di carattere economico o vincoli burocratici che reggano di fronte alla necessità di tutelare questo diritto primario.
E la Coldiretti avverte: “In Italia, nel 2012, sono stati importati 30 milioni di chili di carne di cavallo, asino o mulo senza l’obbligo di indicarne la provenienza in etichetta nella vendita al dettaglio tal quale o come ingrediente nei prodotti trasformati”. Quasi la metà di questa carne arriva dalla Polonia, ma anche da Francia e Spagna mentre poco più di un milione di chili proviene dalla Romania che sembra essere uno dei principali imputati dell’ “horsegate” che sta sconvolgendo l’Europa. Uno scandalo che conferma che il piano limitato di controlli con test del Dna approvato dall’Unione Europea è fumo negli occhi dei cittadini se non sarà accompagnato da misure strutturali destinate a durate nel tempo come l’obbligo di indicare in etichetta la provenienza di tutti i tipi di alimenti, per evitare che episodi simili si ripetano in futuro.
Secondo le analisi della Coldiretti gli italiani sono tra i maggiori consumatori di carne di cavallo in Europa con un quantitativo medio di 1 chilo a testa per un totale di 42,5 milioni di chili. “In Italia – sostiene la Coldiretti – lo scambio di carni all’insaputa dei consumatori è vietato dal decreto legislativo 109 del 1962 che obbliga ad indicare in etichetta la specie animale da cui proviene la carne utilizzata come ingrediente, ma lo scandalo ripropone l’esigenza di una accelerazione nell’entrata in vigore di una legislazione piu’ trasparente sulla etichettatura della carne e degli altri alimenti a livello comunitario – rilancia la Coldiretti – Ad oggi ad esempio nell’Unione Europea è obbligatorio indicare in etichetta la provenienza della carne bovina dopo l’emergenza mucca pazza, ma non quella della carne di maiale o di coniglio e cavallo.
L’Italia, con un provvedimento nazionale che ha reso obbligatorio indicare l’origine in etichetta anche per la carne di pollo, il latte fresco e la passata di pomodoro è in anticipo sull’ Europa dove si procede con estrema lentezza. Il Regolamento (Ue) n. 1169/2011 relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori approvato nel novembre 2011 dopo 46 mesi entrerà in vigore il 13 dicembre 2014 per l’obbligo di indicare in etichetta l’origine delle carni suine, ovine, caprine e dei volatili mentre per le carni diverse come quella di coniglio e per il latte e formaggi tale data rappresenta solo una scadenza per la presentazione di uno studio di fattibilità. “Si tratta – conclude la Coldiretti – di un arco di tempo intollerabile rispetto alle esigenze delle imprese agricole e dei consumatori che negli ultimi anni hanno dovuto affrontare gravi emergenze alimentari che hanno pesato enormemente con pesanti conseguenze in termini economici e soprattutto di vite umane”.
Anche la Cia-Confederazione italiana agricoltori punta il dito sulle gravi carenze della legislazione comunitaria sulla tracciabilità dei prodotti alimentari. Anche perché “la trasparenza della filiera della materia prima non si fa soltanto con i test del Dna”. I controlli decisi dall’Ue a partire da marzo possono rappresentare una prima risposta allo scandalo, una misura “tampone” per ridare fiducia ai consumatori ed evitare psicosi collettive – sottolinea la Cia – ma certo non risolvono il problema alla radice. Per evitare il ripetersi in futuro di casi del genere, l’unica soluzione strutturale è l’etichettatura d’origine obbligatoria su tutti gli alimenti freschi e trasformati, cominciando proprio dall’estensione dell’obbligo di provenienza per ogni tipo di carne e non più solo quella bovina.
Legambiente chiede controlli severi e maggiore sicurezza nella tracciabilità. “E’ necessario che le aziende si impegnino a fare verifiche rigorose sui fornitori e che i controlli proseguano severi – dichiara Rossella Muroni, direttore generale di Legambiente – Non esiste solo la questione della sicurezza alimentare, legata in questo caso alla qualità della carne di cavallo scoperta dato che non tutti i cavalli possono essere destinati al macello, ma anche quella della trasparenza e tracciabilità. Etichette che riportino con esattezza la composizione dei prodotti sono un diritto che deve essere garantito ai cittadini consumatori, compito che in Europa dovrebbe essere assicurato dall’Efsa proprio per non incorrere in situazioni come quella che si sta invece verificando con la carne di cavallo”.“Questa esperienza – aggiunge Antonino Morabito, responsabile Fauna e benessere animale di Legambiente – ripropone la necessità di una corretta cultura alimentare, che riduca il consumo di carne, a partire da quella prodotta negli allevamenti intesivi dove è praticamente assente l’attenzione al benessere animale che, invece, deve essere sempre garantito”.
Il Codacons sferra un durissimo attacco all’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare. “Di fronte ad episodi gravissimi come questo, che portano addirittura al ritiro dei prodotti dal commercio, ci chiediamo quale sia il ruolo dell’Efsa e come operi concretamente questa Autorità – spiega il Codacons – Appare assurdo che un ente, nato proprio per tutelare i consumatori europei sul fronte alimentare, non abbia saputo prevenire uno scandalo di tale entità. I vertici dell’Autorità dovrebbero dimettersi e – prosegue l’associazione – considerati i soldi che ogni anno vengono spesi per tenere in piedi l’Efsa, stiamo preparando un esposto alla Corte dei Conti e alla Procura della Repubblica di Parma, affinché si accerti il corretto utilizzo dei fondi pubblici”.
“La vicenda della carne di cavallo dimostra chiaramente come sia oramai indispensabile un sistema di tracciabilità totale dei prodotti alimentari, al fine di garantire ed informare i consumatori circa la “vita” dell’alimento, dal campo o dall’allevamento fino alla tavola – afferma il Presidente Carlo Rienzi – Non a caso il Codacons, assieme ai grandi network mondiali, sta studiando un sistema per assicurare, attraverso le analisi del DNA di tutti i prodotti alimentari, la tracciabilità assoluta degli alimenti in tutti i suoi passaggi, partendo dal mangime somministrato agli animali fino ad arrivare all’esposizione sui banchi di mercato o presso gli scaffali dei supermercati”.
Altroconsumo chiama in causa il Ministero: “A rispondere, immediatamente, dovrebbe essere il Ministero della Salute italiano, con un gesto di trasparenza nei confronti dei consumatori. Comunichi quindi immediatamente i risultati dei controlli in corso in Italia” scrive Altroconsumo in una nota.
Infine, Assomacellai Fiesa, condannando fermamente l’episodio, ci tiene a fare un po’ di chiarezza sulla notizia. La questione denunciata dai media riguarda la violazione delle norme di etichettatura (art 5 legge 109/1992) e l’informazione al consumatore, prefigurando la frode in commercio operata da grandi marchi dell’industria alimentare, ma non riguarda la salubrità o la sicurezza alimentare dei prodotti alimentari e tanto meno di quelli equini. Il rischio evidente è che si passi dalla denuncia di violazione del principio di corretta informazione dei consumatori che hanno il diritto di conoscere ciò che acquistano, alla sicurezza della carne equina che non è messa in discussione. “Episodi come quelli denunciati richiedono la massima sorveglianza delle autorità competenti e la più rigorosa applicazione della legge – conclude la nota di Assomacellai – perché sono gravemente lesivi degli interessi di un settore importante della nostra economia e di un prodotto sano e richiesto in molte diete alimentari”.
www.helpconsumatori.it
0 commenti:
Posta un commento