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domenica 7 ottobre 2018

Simonetta D’Alessandro non c’è più. È morto il magistrato foggiano di Mafia Capitale

di Nico Baratta

È stata una morte improvvisa quella di Simonetta D’Alessandro (nella foto dal suo profilo Facebook), il magistrato foggiano, che lavorava a Roma, avvenuta ieri nella sua abitazione romana. A trovarla riversa in terra, ieri 6 ottobre 2018, son stati i Carabinieri e i Vigili del Fuoco accorsi dopo l’allarme emesso dal figlio, preoccupato per non aver ricevuto risposta dopo sue chiamate. La dott.ssa D’Alessandro aveva 58 anni, classe 1960.

Nata a Foggia, dove aveva molti amici e amiche, da anni lavorava presso il Tribunale di Roma. Tra i suoi incarichi che l’hanno portata alla ribalta, c’è il ruolo di G.I.P. nelle inchieste di Mafia Capitale e contro il clan malavitoso di Ostia, capeggiato dagli Spada, un’indagine che la vide firmataria di custodia cautelare per 32 esponenti finiti dietro le sbarre con l’accusa "di aver costituito, promosso e fatto parte di un’associazione a delinquere di tipo mafioso sul territorio laziale e segnatamente ad Ostia”, come citato nell’ordinanza della Direzione Distrettuale Antimafia.

La notizia ha scosso molti foggiani. Il tam-tam sui social ha immediatamente coinvolto molte figure istituzionali che l’avevano conosciuta, destando dolore, incredulità e sgomento.

Simonetta D’Alessandro da poco era stata nominata Presidente della X Sezione penale del Tribunale di Roma, incarico meritato.

Morte improvvisa, forse un malore quello che ha colpito il magistrato foggiano, la prima analisi fatta dagli inquirenti. Nei prossimi giorni e dopo i dovuti accertamenti del caso si conoscerà formalmente il motivo.

Tutta la Redazione porge sentite condoglianze alla sua famiglia.

giovedì 2 agosto 2018

Vertenza Diplomati Magistrale, M. Scirpoli (MDMRSP) "Il Ministro Bussetti sa cosa sono le GAe?"


«Questa mattina il Ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, ospite della masterclass del Giffoni Experience, ha affermato che nelle GaE ci sono i vincitori di Concorso! Di fronte a certe eresie, non si po’ non restare davvero allibiti e trasecolati.

Le affermazione fuorvianti del titolare di Viale Trastevere denotano tanta “ignoranza”, intesa come non conoscenza, in materia!

È evidente che il Ministro al MIUR non conosce la normativa che disciplina le GaE! E ciò è davvero gravissimo!

Ebbene, Ministro, La illuminiamo noi!

La normativa che disciplina le Graduatorie ad Esaurimento (GAE) prevede che in esse “sono iscritti i docenti in possesso di abilitazione all'insegnamento”.

Le graduatorie sono strutturate su base provinciale e, per effetto di quanto disposto dalla Legge n. 296 del 27 dicembre 2006, sono chiuse all'inserimento di nuovi aspiranti.

Le GAE sono strutturate in tre fasce:

· nella Prima fascia sono inseriti i docenti che all’atto della costituzione delle graduatorie risultavano iscritti nelle graduatorie per soli titoli (cosiddetto doppio canale);

· nella Seconda fascia sono inseriti i docenti che all’atto della costituzione delle graduatorie, oltre al requisito dell’abilitazione, avevano maturato 360 di insegnamento;

· nella Terza fascia delle GaE (correlata Prima Fascia di Istituto) sono iscritti coloro che nel corso degli anni hanno conseguito l’abilitazione all’insegnamento.

Riconosciuto, dunque, il valore abilitante del Diploma Magistrale - ove conseguito entro l’a.s. 2001/2002 - si è attualizzata la possibilità di accedere alle GAE e, quindi, la lesiva omissione d’ogni considerazione, da parte del MIUR, di detto titolo ai fini dell’accesso alle graduatorie de quibus, poichéé i Diplomati Magistrale erano già in possesso del titolo abilitante quando avvenne la trasformazione delle graduatorie da permanenti ad esaurimento (anno 2006).

Il limite ex art. 1, c. 605 della l. 27 dicembre 2006 n. 296, che trasformò le graduatorie permanenti in GAE, vale esclusivamente per gli inserimenti di nuovi abilitati e non anche per i docenti già in possesso di abilitazione.

Ciò detto, destinatari della III fascia GaE, per effetto dell’art. 1 del DL 97/2004 e secondo l’art. 1, c. 695 della l. 662/2006, sono adesso anche i docenti comunque abilitati, quindi pure coloro che sono in possesso del Diploma Magistrale.

Ora ci si spiega il perché della vostra azione improvvida nella vertenza DM: ciò è dettato dal pressappochismo e da tanta approssimazione. Avete aggravato il tutto!»

Michele Scirpoli, Fondatore Movimento DM Revoca Sentenza Plenaria

mercoledì 18 luglio 2018

Vertenza “Diplomati Magistrali”, la più grande in Italia. Ce ne parla il dott. ins. Michele Scirpoli, fondatore del Movimento DM Revoca Sentenza Plenaria

In questi giorni se ne fa un gran parlare su un argomento che coinvolge circa 60.000 persone, perciò lavoratori statali, in particolare Docenti Diplomati Magistrale. Il dott. ins. Michele Scirpoli, fondatore del Movimento DM Revoca Sentenza Plenaria, non lesina richieste verso chi dovrebbe garantire loro il futuro lavorativo, che è statale. A tal proposito ha inviato presso la nostra redazione una lettera che spiega le motivazioni della posizione assunta. Ve la proponiamo.

«La Vertenza lavorativa più grande che deve affrontare il Governo Conte è quella che riguarda i Docenti Diplomati Magistrale. La vertenza è la più grande della storia italiana, coinvolge circa 60.000 persone; è la più assurda poiché, in questo caso, a licenziare è lo Stato e non un privato qualunque. L'ingiustizia verso questa categoria di Docenti parte nel 2006 quando vennero chiuse le Graduatorie ad Esaurimento (GaE) utili per l’assunzione a tempo indeterminato (e corrispondenti prime fasce di istituto per incarichi di supplenza: ai DM fu negata l’iscrizione in quelle graduatorie, e da allora l’ingiustizia ebbe inizio. Si giunge al 2014. Il Consiglio di Stato inizia ad affermare che i DM vanno inseriti nelle GaE, è un loro diritto e lo Stato sbagliò a negargli l’accesso alle GaE. Giungono così centinaia di ordinanze sia del TAR sia del CDS, che sanciscono ciò, e poi ancora decine di sentenze definitive emesse dal CDS e dai vari Tribunali in funzione di Giudice del Lavoro che riconoscono il diritto alle GaE e alla prima fascia di Istituto per questi insegnanti. Al Governo PD (ai vari Governi PD) questa cosa non andava bene, ma il MIUR si vide costretto ad eseguire le ordinanze e le sentenze.

Nel frattempo cosa succede? Nel 2015 occorreva nominare il nuovo Presidente del Consiglio di Stato. Prassi consolidata vuole che, per garantire l’indipendenza del CdS dal Potere Esecutivo, il Presidente venga scelto direttamente dal CdS e che il Premier in carica acconsenta. Ebbene, il Premier incarica allora era Matteo Renzi, il quale decise di scegliere lui direttamente il Presidente del massimo Organo di Giustizia Amministrativa nella persona di Alessandro Pajno. Un vero e proprio “terremoto” si ebbe all’interno del Consiglio di Stato con tante dimissioni in segno di protesta verso questa ingerenza da parte dell’Esecutivo (mai era accaduta una simile cosa nell’era repubblicana, l’ultima nomina diretta la parte del Premier risale al Duce). Fatta questa breve parentesi (irrilevante? Forse no), si giunge a dicembre 2017, a quando, cioè, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (l’AP è il massimo Consesso della Giustizia amministrativa, chiamato a risolvere questioni di diritto di particolare rilevanza o sulle quali sussiste contrasto giurisprudenziale - a tal riguardo non si capisce ancora oggi perché la questione giudiziaria DM fu rimessa in Plenaria non sussistendo alcun contrasto giurisprudenziale dato che il CdS si era sempre espresso favorevolmente) pubblica il verdetto: ai Docenti DM non spettano le GaE! L’Adunanza Plenaria, a guida Alessandro Pajno (di nomina renziana, ricordiamolo) e che vedeva tra i suoi componenti Francesco Bellomo (destituito, per indegnità, proprio il giorno della pubblicazione della sentenza contro i DM), va contro ciò che il CdS stesso aveva tante volte statuito e, anziché appianare contrasti giurisprudenziali (che nel caso di specie non sussistevano), li crea. Il MIUR, con a capo la Fedeli (PD), “esulta”.

Il Popolo dei Docenti DM cade nello sconforto più totale: è sgomento, è sbalordito! Nessuno si sarebbe mai aspettato una simile decisione da parte dell’AP del CdS, dopo anni in cui lo stesso ha riconosciuto il diritto alle Graduatorie ad Esaurimento per i docenti DM. Intervengono in questo marasma i vari esponenti politici dell’allora Opposizione tra cui Salvini, Di Maio, e tutti dicono "Salveremo i Maestri”. Giungiamo ad oggi, ma è ancora caos. I Partiti dell’attuale opposizione FdI, Forza Italia e LeU continuano ad essere coerenti con quanto affermato in campagna elettorale, continuano a battersi affinché ai DM venga riconosciuto un proprio diritto. 5 Stelle, Lega e il nuovo Ministro all’Istruzione Bussetti (da sempre, quest’ultimo, prevenuto verso tali insegnanti, già da quando era funzionario dell'Usr Lombardia, tanto che si rifiutava di inserire in GaE i DM, rifiutandosi di dare così seguito a provvedimenti giudiziari) ora cosa dicono? Ad oggi si sono rimangiate le loro “promesse “. E il piano che questi vogliono attuare per i Maestri DM è identico a quello del PD, nel segno della continuità! Ma non doveva essere il Governo del Cambiamento?

E intanto sul piano giudiziario, anche dopo la sentenza dell'Adunanza Plenaria, impugnata in Cassazione, arrivano sentenze positive per i DM da parte di Giudici del Lavoro e da parte dello stesso Consiglio di Stato e sentenze che condannano il MIUR al risarcimento danni, segno, questo, che la decisione della Plenaria è ritenuta poco credibile e non conforme alla normativa e alla giurisprudenza consolidata non solo da Noi, ma anche dagli stessi appartenenti “liberi” del CdS e dai vari giudici del Lavoro “liberi”.

Si segnala, poi, che il Consiglio d’Europa, pochi giorni fa, ha ammesso il reclamo collettivo riguardante la questione GaE per i DM, presentato dal sindacato ANIEF. Il Governo del Cambiamento rischia di essere obbligato ad essere il Cambiamento dall’Europa e dai veri Tribunali. Di certo noi non molliamo in alcun modo e lotteremo fino al riconoscimento definitivo del nostro diritto; ciò non solo per Noi, ma anche per la Scuola italiana e per la Giustizia!».

Michele Scirpoli - Fondatore Movimento DM Revoca Sentenza Plenaria

giovedì 28 settembre 2017

Caso Moro: Novità esclusive sulla Faranda e luoghi dei brigatisti

di Nico Baratta

Roma. Ci sono novità esclusive comunicate dalla II Commissione parlamentare che si occupa sul “Caso Moro”. Dopo le rivelazioni ottenute durante l’ultima seduta, la Commissione dagli indizi forniti e dalle testimonianze fornite avrebbe ricostruito un puzzle che racconta segreti finora mai svelati. Entrando nei dettagli pare che Adriana Faranda, l’è un'ex brigatista italiana, militante delle Brigate Rosse durante gli “Anni di piombo” e compagna di Valerio Morucci, racconta che prima di essere arrestata il 29 maggio 1979 viveva, con il suo compagno, nella casa di Giuliana Conforto.
Da alcune indagini si è scoperto che il padre della Conforto a quel tempo era  un potente agente del KGB, che lavora pure la CIA ed infine per il Sismi. Le indagini hanno anche appurato che quella sera i due brigatisti, tra l’altro ricercati in tutta Italia, cenarono con il prof. Conforto, con la figlia la prof.ssa Giuliana ed il suo compagno Saverio Tutino, quest’ultimo famoso giornalista di Repubblica ed amico di Giangiacomo Feltrinelli, noto attivista e partigiano italiano e vicinissimo alla ideologia di Fidel Castro.
Con tali presupposti la Commissione ha rivolto delle domande alla Faranda, in particolare se chi era a cena con loro li aveva riconosciuti. Ebbene, la risposta della ex brigatista è stato un secco «No». 
La Commissione, naturalmente, ha fatto sapere che non ha creduto a quel «No», ribattendo che alcuni di loro continuano palesemente a mentire.
Ma ciò non ha inficiato il lavoro svolto dalla Commissione che alla luce di queste ultime rivelazioni è più che convinta che in via Massimi, 91, a Roma, in una palazzina dello IOR, gestita da Paul Casimir Marcinkus, Arcivescovo cattolico statunitense più volte presente in fascicoli di importanti inchieste (si vedano quelli della morte di Papa Giovanni Paolo I e la sparizione di Emanuela Orlandi) al tempo dell’omicidio del Presidente Aldo Moro hanno vissuto alcuni brigatisti.

Comunque, per chi volesse approfondire l’attività della Commissione parlamentare sul Caso Moro può visitare il web site www.gerograssi.it, troverà documenti interessanti e inediti. 

martedì 5 settembre 2017

Inchieste. Caso Moro: Pietro Modiani, ex Dir. Gen Intesa SanPaolo, potrebbe rivelare verità celate

di Nico Baratta

Roma. Oggi, 05 settembre 2017, alle ore 14, a Roma presso il Palazzo San Mancuto, sede periferica della Camera dei Deputati e adibito a sede della Biblioteca della Camera dei Deputati, sarà audito, dalla Commissione parlamentare che si sta occupando nuovamente di far luce sull’assassinio del Presidente DC Aldo Moro (nella foto), Pietro Modiani, ex Dir. Gen Intesa SanPaolo. Per l’evento c’è molta attesa poiché Pietro Modiani potrebbe conoscere fatti non ancora detti che riguarderebbero alcuni particolari somatici post-mortem di Moro. Ciò è stato confermato da Gero Grassi, membro della suddetta Commissione, nonché principale suo artefice per far luce su una verità ancora avvolta nella nebbia. Difatti, alla Presidenza della Commissione Moro sarebbero giunte alcune segnalazioni, per lo più confidenze personali, di elementi della vicenda che lo stesso Modiani ha esternato volontà di raccontare.
I dettagli delle confidenze riguarderebbero dei colloqui avvenuti tra l’ex manager e Don Cesare Curioni, che erano molto amici. Per la cronaca don Curioni era il capo dei cappellani delle carceri italiane impiegato dal vaticano come canale di trattativa con le Brigate Rosse.
Questo particolare ha sortito curiosità investigativa alla Commissione poiché don Cesare Curioni fu presente durante l’esame autoptico svolto sul corpo di Aldo Moro. Un dettaglio già preso in esame ma che intersecato tra le varie testimonianze rilasciate alla stessa Commissione ha rilevato un dettaglio primario sulla base di una precedente audizione, quella rilasciata da don Fabio Fabbri, braccio destro di don Curioni.
«Don Fabio ci ha dato indicazioni importanti sulla base della confidenza che gli fece Curioni- ha dichiaro l’On. Gero Grassi- che, foto dell'autopsia alla mano, in particolare quella del cuore, disse “io so chi lo ha ucciso, ne riconosco la firma: nessuno dei colpi ha toccato il muscolo cardiaco”. Fabbri ha spiegato- prosegue Grassi- che si trattava di un killer professionista che sparava proprio con quella modalità divenuta una sua “firma”: da ragazzo era stato detenuto al Beccaria di Milano. L'uomo ha vissuto a lungo all'estero. Ora la Commissione compirà tutti i doverosi passi per seguire le indicazioni di don Fabbri che, alla mia domanda: ci sta dicendo di seguire la pista dell'autopsia?, ha risposto, “Proprio così, lì c'è la firma” –ha concluso Gero Grassi».
Insomma, a poco meno di 40 anni dal barbaro assassinio del Pres. Aldo Moro, la giornata di domani potrebbe rivelarsi fondamentale per ottenere un altro importante, forse risolutore, tassello per ristabilire una verità che rimbalza di giorno in giorno contro un muro di gomma ben costruito.  

Comunque, per chi volesse approfondire l’attività della Commissione parlamentare sul Caso Moro può visitare il web site www.gerograssi.it, troverà documenti interessanti e inediti.

mercoledì 19 aprile 2017

Il “poliziotto” Alfredo Fabbrocini allo SCO: comanderà la II Divisione

di Nico Baratta


Aumenta la criminalità in Capitanata, o meglio accresce l’incisività delle azioni della mafia foggiana, e di pari in passo si rafforza la risposta dello Stato. Dopo l’annuncio del dott. Franco Roberti, Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, dell’arrivo entro fine aprile 2017 di quindici agenti del ROS - Raggruppamento Operativo Speciale dell'Arma dei Carabinieri- dislocati nella provincia di Foggia, a Roma si decide chi dovrà dar man forte ai già presenti investigatori dello Stato. È cosa nota che a fine luglio l’odierno Questore di Foggia, dott. Piernicola Silvis, andrà in pensione. Come lo è pure l’attuale passaggio alla procura di Lecce del Procuratore dott. Leonardo De Castris. 

Roma, nella veste del CSM e Ministero dell’ Interno, a quanto pare avrebbe già deciso chi andrà a sostituire i due posti vacanti: alla Procura di Foggia è certo l’arrivo del Procuratore dott. Ludovico Vaccaro, già PM in passato a Foggia, e preferito ad un ex che ha già operato in terra dauna, il dott. Domenico Seccia, sempre desideroso di un ritorno; mentre in alto alla graduatoria per il comando alla Questura dauna vi sarebbe il dott. Antonio Lauriola. Si attendono conferme, tuttavia, e speranze che ambedue si adoperino anche per non far sopprimere l’importante presidio della Polizia Postale di Foggia che annovera importanti azioni di prevenzione e repressione di fenomeni molto gravi a danno dei consumatori riguardanti le frodi e le truffe online, lo stalking, il cyberbulismo, la pedofilia su internet. Presidio di legalità e giustizia e punto di riferimento dei cittadini dopo che sia la Scuola di Polizia a Foggia e del Tribunale di Lucera sono stati soppressi.

Mentre la certezza di un incarico di prestigio, delicato e soprattutto importante per la nostra provincia foggiana è quella che a breve verrà ufficializzata dallo stesso dott. Alfredo Fabbrocini (nella foto). Difatti il già Capo della Squadra Mobile di Foggia e poi di Cagliari, il “poliziotto Alfredo” prenderà in seno, a Roma, il comando della II Divisione della Direzione Centrale Anticrimine dello SCO -Servizio Centrale Operativo-, al posto dell’uscente dott. Luigi Rinella destinato al comando della Squadra Mobile di Napoli. Avvicendamenti efficienti e soprattutto poiché ogni nome e collocazione non è a caso e tutte e due per aver messo a segno importanti arresti negli ambiti mafiosi. E quando parliamo di mafia, parliamo di Cosa Nostra, Camorra, ‘Ndrangheta, e “Società Foggiana”, la quarta mafia oggi purtroppo operante non solo nel territorio dauno, che è in “affari” con quella garganica ad oggi non formalmente riconosciuta dell’aggravante mafiosa degna di una criminalità organizzata, efferata, omicida, sempre decaduta in ogni sua fase processuale. E ciò è stato ricordato durante la conferenza stampa per la presentazione dei ROS, tenuta a Foggia presso il Comando Provinciale dei Carabinieri, per voce del Procuratore di Bari, dott. Giuseppe Volpe, affermando che «A Vieste vi è una situazione incandescente. È stato un grave errore dei giudici non riconoscerne tale aggravante, ma confidiamo nell’appello –riferendosi alla sentenza del processo “Medioevo” dove non è stata riconosciuta, e perciò fatta cadere, l’aggravante mafiosa, in particolare per il fu Angelo Notarangelo, boss del clan dei viestani.

La recrudescenza di questa mafia, quella foggiana e garganica, è pari alle altre tre e le vicende trascorse lo testimoniano. Come confermano gli ultimi casi di cronaca, non solo nera, dove la criminalità locale e dopo alcune scarcerazioni di personaggi di spicco della mafia foggiana, sanseverese e montanara (delle faide garganiche) per vari cavilli giudiziari e la “bravura” di avvocati che fanno il loro mestiere, hanno dato seguito a rapine efferate, estorsioni, omicidi di affiliati e fiancheggiatori di vari clan, aumento degli affari criminali nella pubblica amministrazione con facili appalti e per la richiesta e smercio di armi e droga provenienti prevalentemente dall’Albania.

Alfredo Fabbrocini, napoletano, 43 anni, laureato in giurisprudenza, ha lavorato in Calabria, Puglia, Sicilia, Emilia Romagna e l'ultimo incarico, prima di approdare prima a Foggia e poi a Cagliari, è stato nello SCO. Certo, proprio dove ora ritorna da Capo della II Divisione e dove ha affinato le sue doti investigative e di risposta alla mala. Lì, nello SCO, è bene ricordarlo perché gli dà merito, veniva inviato in "missione continuativa" nella squadra mobile di Palermo. Una palestra naturale la Sicilia per addestramenti mirati.

Foggia e tutta la sua provincia conosce bene il “poliziotto Fabbrocini”. Uomo tra e con la gente e soprattutto fuori dai “Palazzi”, con lui il territorio foggiano stava "quatto quatto” e chi violava la legge pagava. Il suo modus operandi di investigare era ed è anche quello di ascoltare i cittadini, di chi conosce il territorio, svolto sottotraccia e senza mai “dar fastidio” a chi avesse un sospetto; per lui è importante chi ha anche un solo minimo e per altri insignificante indizio, e non è prassi messa in campo da tutti.

La nomina del dott. Fabbrocini a capo della II Divisione dello SCO è strategica per il nostro territorio di Capitanata. Questo perché Lui conosce molto bene quest’area geografica, in particolare quella garganica, dove catturò nel maggio del 2011 il noto boss della faida garganica (detta anche dei Montanari) Giuseppe Pacilli, meglio conosciuto come “Peppe u’ Montanar”, latitante da ben tre anni. A Fabbrocini si annoverano molte operazioni di legalità in territorio foggiano. L’operazione che diede il “LA” alla sua notorietà per fiuto investigativo, che ricordiamo fu messa in campo sul Gargano con lo SCO a capo della “squadra Gargano” fin da prima di approdare alla Questura di Foggia, fu quella denominata “Medio Evo” su territorio viestano, arrestando mafiosi locali e in particolare il loro boss Angelo Notarangelo, detto “Cintaridd”, e poi ucciso, dopo la scarcerazione, il 25 gennaio 2016 sulla litoranea Mattinata-Vieste in località “Gattarella”.

Foggia lo ricorda con passione per quello che ha fatto e per come interagiva con la gente, sempre disponibile e molto umano. Ma Fabbrocini si porta dietro un rammarico, quello di non essere riuscito a trovare le due piccole sorelle gemelle svizzere, Alessia e Livia, che nel gennaio del 2011 furono rapite e presumibilmente uccise dal padre, che poi si tolse la vita gettandosi sotto un treno in cor­sa a Cerignola. 

Con Alfredo Fabbrocini al comando della II Divisione dello SCO, che ricordiamo è quell’unità che investiga sulla criminalità organizzata e perciò mafiosa, e con i 15 militari del ROS dei Carabinieri, la provincia di Foggia si arricchisce di uomini, mezzi, strumenti, atti al contrasto della mafia. Seppur con Fabbrocini a Roma, come del resto i ROS coadiuvati da Bari, la Polizia di Stato fondamentalmente opererà costantemente sul territorio foggiano con investigatori assistiti dalla Squadra Mobile di Foggia e di Bari, quasi a dire un’osmosi dovuta e soprattutto voluta, specie da chi è di casa da queste parti.

Al poliziotto dott. Alfredo Fabbrocini va tutta la gratitudine e gli auguri della gente di Foggia e provincia, pronta a collaborare per liberare dal cancro della mafia un territorio ricco di storia, bellezze naturali, paesaggi unici e dal forte senso religioso. Siamo certi che Alfredo saprà anche distogliere i giovani all’attenzione nell’emulare il male per dar loro risposte e alternative legali, poiché nel 2013 li definì «I giovani sono malati di malavita. Il fascino del male in questa provincia spinge al­l'emulazione».

Buon lavoro poliziotto.

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