martedì 18 aprile 2017

Un Sindaco per Monte. Le “sinistre” dinamiche angioline

di Nico Baratta

A quanto pare – o forse leggendo il seguito dell’articolo – la scelta del PD per il prossimo candidato sindaco di Monte Sant’Angelo ha avuto i natali. Gli stessi avuti nel 2012 prima che la coalizione preferì poi il sindaco uscente di centrodestra. Il nome è noto negli ambiti angiolini e si tratta di Pierpaolo d’Arienzo, agronomo ed ex segretario cittadino del partito. Un nome che, a quanto pare, è ben visto dalla società civile associata ma che, ed è giusto ricordarlo, nel 2012 fu cooptato da una parte del PD per poi essere “bruciato” dall’altra, preferendo il già sindaco Andrea Ciliberti. Scelte discutibili, spesso prevedibili, facenti parte delle dinamiche politiche contrapposte di una coalizione che da sempre non si accorda prima se masochisticamente si fa del male. E questo lascia ben comprendere, anche presagire, che la partita sul nome di d’Arienzo è aperta e quei natali potrebbero trasformarsi nell’ennesima “scottatura” (non diciamo “trombatura”) di una persona che mitemente è al servizio del partito.
A Monte si discute animosamente sul futuro Primo Cittadino, meglio dire sul futuro di chi politicamente dovrà amministrarla. A parte la già nota candidatura del movimento politico vicino ai pentastellati, quello del “Meet Up Relais 5 stelle”, che ha da tempo reso noto il nome di Pina Gentile quale candidato sindaco, il centrodestra e il centrosinistra di Monte non hanno ufficializzato il loro.
Strategie o indecisioni? Attese per il dopo primarie PD o battibecchi interni laddove si vuol imporre il nome in base al numero di tessere e legittimazioni plenarie dopo la scelta del futuro segretario nazionale piddino? In realtà sono tutti interrogativi che, analizzando il quadro politico nazionale, trovano risposte nelle domande. Ed il PD non è nuovo a queste dinamiche, specie quando in ballo c’è il predominio del territorio.
Monte a breve si esprimerà su chi la deve amministrare. Il centrodestra non ha ancora deciso con chi lo farà e né lascia trapelare probabili candidati. Si attende il nome del loro candidato sindaco che ragion di forza dovrà soddisfare un elettorato più volte condizionato da dicerie popolane.
Il centrosinistra anzi solo il PD, invece, ha già partorito –ma non ancora allattato- un nome, quello detto precedentemente. La quadra, tuttavia e secondo indiscrezioni interne agli aficionados del centrosinistra montanaro, non pare essere trovata poiché il nome citato non confà a chi a Monte detiene maggioranze elettive. L’ostacolo principale che il PD deve superare, stando sempre alle indiscrezioni ascoltate in piazza –e quando il popolo vocifera in particolare nei vicoli che alimentano il passeggio su Corso Vittorio Emanuele prossimo a Via Reale Basilica, la verità sta nel mezzo, e c’è-, è quello familiare dei Fusilli che da ben due anni hanno lavorato alacremente per un loro candidato sindaco. Ingoiando un boccone amaro, con il veto su d’Arienzo, la famiglia Fusilli potrebbe far cambiar le carte in tavola alla futura o probabile coalizione di centrosinistra. Loro hanno i voti, e tanti, e Monte lo sa e il PD lo sa. Il centrosinistra è quel raggruppamento da sempre di “parenti serpenti” –le cronache nazionali sono speculari al problema- quando la posta in palio è una comoda poltrona specie se apicale, che ora deve riflettere più che accelerare per il loro candidato sindaco.
Pierpaolo d’Arienzo sarebbe, sempre per le voci di piazza predette, la forzata espressione (e poi capirete il perché) della famiglia Vergura congiunta per sintesi politica con il presunto veto di Raffaele Piemontese, che a Monte –casa sua- gode di popolarità ed anche voti. Ma – sempre le voci di piazza, non di bar attribuite ad altre formazioni politiche – il gioco potrebbe avere avvicendamenti nello scenario politico locale. A parte le pressioni impresse dalla vicina Manfredonia, roccaforte del PD di tutta la provincia di Foggia, che vedrebbe in Paolo Campo uno dei probabili artefici per la decisione del nome da far sedere sullo scranno più alto di Piazza Roma, qui a Monte chi vorrebbe imporre una linea politica tutta sua, tralasciando anche le scelte dei Fusilli con la lista “Monte Riparte”, è la lista civica “La Città Nuova”. Ormai guidata unilateralmente da Franco Salcuni, da quando da metà marzo 2017 una buona parte si è dissociata e con essa anche il co-fondatore Michele Ciuffreda, La Città Nuova avrebbe in serbo un suo candidato sindaco.
La piazza, sempre la stessa, vocifera che sarebbe lo stesso Salcuni il candidato preferito; altri luoghi sentenziano nomi ascrivibili al PD poiché la civica è una parte della coalizione e perciò subordinata. Ma, forse, non è e non sarà così, giacché la civica di Salcuni lancia continuamente messaggi di scissione e corsa solitaria al Palazzo, così da legittimare la prima ipotesi sul nome. Tuttavia, la storia lo testimonia, alla fine e tra un incarico e varie promesse le civiche e chi le gestisce si accodano al partito prevalente; l’importante è cercar di far parte anche del Consiglio comunale. Una chiave di lettura altisonante sarebbe quella di un Campo sceso nuovamente in campo –scusate il gioco di parole…- per rafforzare i Vergura e perciò dar seguito alla scelta su d’Arienzo. Forza che verrebbe da decisioni manfredoniane cui i Vergura da sempre fanno capolinea, particolarmente ora che la mozione nazionale del Ministro Andrea Orlando è stata scelta dal PD del Golfo. E i Vergura, stando alle cronache locali, votano la “mozione Orlando” perché così votano i manfredoniani (come vogliono Bordo e Campo), contrariamente a quella “Emiliano” sponsorizzata a spada tratta da Piemontese. E Orlando, tanto per ricordarlo, ha fatto il pienone di consensi a Manfredonia superando Emiliano (in provincia di Foggia Orlando 1.886 voti (33,5%), Emiliano 1.690, (30%), Renzi 2.059 (36,5 %). Ma c’è anche un precedente, quello del 2012, che riletto in chiave strategica “Politically Incorrect”, perché in quell’anno d’Arienzo fu bruciato da quest’ultimi, la scelta piddina sarebbe sacrificabile pur di non far indossare la fascia tricolore ai Fusilli. E qui Campo ha voce in capitolo, dimostrando autorevolezza politica più di Piemontese, giacché non digerisce il nome ad oggi scelto (come fu nel 2012 che riuscì a “trombarlo”), fino al punto di poter stabilire tregue politiche accordandosi con Piemontese e cambiar carte in tavola. Ma i conti si fanno sempre quando la processione ha termine. E a Monte, ed è risaputo, chi conduce le processioni del centrosinistra sono i Fusilli; tutte le altre forze politiche di parte, partitiche, civiche e affini, si accodano pur di intascare la vittoria. Una processione che a dir il vero ha sempre avuto in testa non chi rappresenta la maggioranza voluta, bensì chi la amministra sotto traccia da molti anni. E di dirigenti pubblici con tal forza Monte ne è piena, in particolare chi ha parentele familiari con esponenti di spicco politico locale. Esponenti che non lesinano a chi non la pensa come loro gratuiti commenti conferendo tal compito a “simil-principi”, foraggiati tra l’altro e mai esposti pubblicamente in elezioni – dove si misura la forza politica e perciò l’autorevolezza -, che impastano tutto facendo incordare e appallottolare il significato invece di renderlo consistente al punto giusto. Scelte opinabili ma palesemente vere e riscontrate, non da me ma da chi è di Monte e vicini a loro –questo sempre detto dalle voci popolane di quei vicoli summezionati-.
Monte, e tutti lo sappiamo, sta uscendo da una situazione incresciosa, costruite – secondo le mie considerazioni e soprattutto l’attenta lettura dell’ultima sentenza del TAR ed anche da fonti politiche di casa piddina nazionale e non locale – per delegittimare un’amministrazione accusata di “infiltrazoni della criminalità“.
Considerazioni forti quest’ultime, che sono la risultante di una campagna denigratoria messa a punto per far si che a Piazza Roma non vi salissero più chi amministrava il comune garganico. E questo è disgustante, infamante, perché la persona va rispettata e con essa la sua dignità e legalità che Monte conosce molto bene. Le etichette spesso fanno più male delle sentenze e chi ha etichettato dovrebbe rendere venia, anzi scusarsi pubblicamente. Non è bene far dell’erba tutto un fascio ed etichettare solo per futuri crediti politici, poiché la mafia, oltre a uccidere come è già avvenuto poco tempo fa, se proprio vogliamo dirla tutta e trascrivere sommariamente ciò che le sentenze hanno redatto, è ancora li, in quel territorio perché tra i nomi citati dagli inquirenti figurano persone del pubblico e privato impiego che continuano a lavorare, mentre quelle politiche son state mandate e casa, minoranza inclusa che è parte integrante di quel Consiglio comunale. E con loro chi oggi gode di sconti di pena, di cavilli giudiziari anche in presenza di flagranza di reato.
Quest’ultima citazione non è casuale.
L’assoluzione “per non aver commesso il fatto” su un reato contestato nel novembre del 2016 a due noti personaggi vicino al clan Libergolis e fiancheggiatori dei Pacilli in particolare del boss Giuseppe detto “Peppe u Muntanar”, Enzo Miucci e Matteo Pettinicchio, trovati in possesso di armi occultate all’interno del vano airbag della Ford Fiesta su cui viaggiavano sulla A14 nei pressi di San Severo, e l’assoluzione dei presunti responsabili dell’attentato -tra questi anche Ivan Rosa, assassinato di lì a poco, a Bosco Quarto il 19 marzo 2014 (ucciso a colpi di fucile calibro 12)-, ai danni del Dirigente dell’Ufficio Tecnico del Comune di Monte Sant’Angelo (un architetto), fatto che venne ritenuto utile per l’avvio della Commissione di accesso, sono l’ennesima beffa per chi sperava nel trionfo della legalità in nome di un provvedimento del TAR che ha “condannato”, rimuovendo dal proprio incarico di amministratori, persone per bene. Difatti, anche con l’Operazione Rinascimento, e perciò con l’implicazione anche degli scagionati, si diede seguito allo scioglimento del Consiglio comunale di Monte Sant’Angelo per infiltrazioni e alla genesi delle diffamazioni, ingiurie e colpe a chi oggi spera giustamente in un capovolgimento, di fronte a questi fatti, da parte del Consiglio di Stato, ma dapprima alla riabilitazione di quella onorabilità che ha sempre contraddistinto chi ha ricoperto la carica di Sindaco e di tutta l’Amministrazione comunale, minoranza compresa. E qui si apre un altro scenario, rilevante a mio avviso, che Monte deve sapere per poter decidere il suo futuro Primo Cittadino. È giunta voce che sabato prossimo a Monte Sant’Angelo farà visita Vittorio Sgarbi.
Per chi non lo sapesse Sgarbi è stato sindaco dal 2008 del comune siciliano di Salemi fino a quando nel 2012 fu sciolto per inquinamenti mafiosi. Ora, che c’azzecca Sgarbi, cui va tutta la mia stima? Il critico internazionale d’arte, opinionista tv, ex parlamentare e sindaco dovrebbe partecipare a una manifestazione per i siti Unesco organizzata da Franco Salcuni che giustamente parla tanto di legalità e politicamente di soggetti sciolti per mafia. Ma Salcuni è a conoscenza delle vicende giudiziarie di Sgarbi, peraltro perse sia al TAR, sia al Consiglio di Stato? A dir il vero neanche io credo nella complicità di Sgarbi nelle infiltrazioni mafiose siciliane, ma i giudici dicono il contrario con le sentenze. Niente di meno di quello che sta accadendo a Monte e che la minoranza –capogruppi compresi- è anch’essa facente parte di quel Consiglio comunale sciolto per mafia, ne fa uso e abuso per suoi fini politici. Quella minoranza, che ripeto è parte di quello scioglimento mafioso, dovrebbe lottare per ridare legalità a eventi estranei alle loro azioni, conferendo loro in egual misura quell’onorabilità depredata ingiustamente ad altri. Qualche giovinetto dovrebbe far ammenda, per esperienza politica e di vita, quando gli viene “imposto” di tacere per affermazioni che lo riguardano. Pertanto e alla luce delle ultime vicende giudiziarie scagionanti palesi violazioni della legge, devo considerare che il ‘perverso’ gioco della Cosa Pubblica ammaestrata da uomini che vogliono il potere, i soldi, gli appalti, il controllo del territorio e della politica, continuerà se non si comprenderà che la pulizia va fatta laddove il marcio ha messo radici da anni, spesso tutelato dalle leggi e cavilli giurisprudenziali che favoriscono la pubblica amministrazione, reintegrando finanche chi la viola alla luce di riprese video degli inquirenti; i casi nazionali dei “furbetti del multibadge” sono eloquenti, con Foggia compresa.

Un pattume di gente che anche tra parentele si avvicendano nei palazzi che contano. Ma il centro garganico è talmente piccolo e le parentele sono “obbligate”. Ma questo i magistrati lo vedono con due occhi differenti laddove in ballo c’è una politica che li nomina attraverso ministeri comandati da ministri, ovvero fiduciari di un Governo politico. Del resto, e come da sempre sostengo, le persone sono imperfette e con esse anche quello che fanno, magistratura compresa specie se politicizzata. Ma questo è un altro argomento che verrà affrontato all’occorrenza.

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