lunedì 12 novembre 2012

Creditori e debitori, ovvero le banche e la crisi per le imprese

La crisi che morde le caviglie degli imprenditori offre opportunità nella misura in cui la disperazione personale lascia spazio alla creatività. Noi italiani siamo famosi nell’arte di arrangiarci, ma ciò che arrangiamo non proviene dal bisogno o dalla necessità, quanto dall’inventiva. La crisi economica ha avuto origine negli Stati Uniti a causa del crollo del mercato immobiliare, con il conseguente scoppio della bolla speculativa fondata sui cosiddetti mutui “subprimes”. In pratica le banche e altre società finanziarie del settore, costituivano mutui facili in favore di clienti che non offrivano garanzia, al fine di costituire in successione una serie di certificati di debito, da rivendere alzando sempre più il margine. Ciò ovviamente spostava l’asticella dell’insolvenza sempre più in alto. Così, alla fine del gioco, Fanny Mae e le banche d’affari più importanti si sono ritrovate in mano un pugno di mosche: debiti acquistati da rivendere, costituiti su case che i proprietari non potevano permettersi più di pagare. Conseguenza mostruosa: il capitale delle banche eroso da proprietà immobiliari che avevano perso il 30-40% del valore stimato all’atto del finanziamento.

Questo fenomeno si è amplicato, contagiando i debiti sovrani, via via, dall’Islanda alla Grecia, dalla Spagna al Portogallo, dalla Francia all’Italia. In questo contesto, ovviamente, i governi europei hanno dovuto fronteggiare una crisi di credibilità e di fiducia nell’Euro, dovuta al fatto che ancora non si è risolto l’annoso dilemma della “politica monetaria senza sovranità”. O i paesi della zona euro cedono sovranità, com’è capitato all’Italia, nella sostanza, nell’estate del 2011 con la famosa lettera congiunta dell’Unione Europea e della BCE al Governo del nostro paese, oppure vorranno sempre anteporre gli “interessi politici” alla richiesta di misure drastiche, ammesso che queste vadano bene.

Sul piano sostanziale, dopo averla negata per anni, la crisi ha travolto le imprese ed è stato giustamente notato che – ancora una volta – le banche non sembrano recitare una parte sincera e lodevole. Non c’è solo di mezzo l’annoso problema delle garanzie richieste a fronte di finanziamenti all’impresa, ma anche veri e propri fenomeni di speculazione privata, che spesso sfociano nell’usura bancaria, come dimostrano le rinnovate denunce in materia di anatocismo, ovvero di capitalizzazione dell’interesse scaduto, un fenomeno ahinoi in aumento a causa della ristrettezza economica e della rigidità dei paletti imposti al debitore (quando non costituisce anatocismo, la banca specula e parecchio sulle ipoteche, a forza di decreti ingiuntivi). Insomma, se serve la creatività a generarla occorre anche una spinta: una sorta di legislazione seria sulla disciplina del credito e soprattutto nuove leggi di finanziamento per le imprese, con una contestuale riduzione del cuneo fiscale (costo del lavoro) e delle aliquote irpef.

fonte: www.kipling90.com

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