San Severo: il Comune "regala" la Chiesa di San Francesco"
San Severo è una città ormai in piena anarchia amministrativa. Nella “città dei campanili” succede che il Comune, con delibera di Giunta n. 223 del 27 luglio 2012, concede per ben otto anni il complesso dell’ex Convento di San Francesco d’Assisi ad un’associazione privata. Fin qui, potrebbe sembrare tutto normale se non fosse che la struttura non è di proprietà del Comune ma dell’Ipab San Francesco, al quale l’Amministrazione Comunale versa un affitto di locazione con i soldi dei contribuenti sanseveresi. Ad onor di cronaca, la Chiesa di San Francesco è chiusa da anni al culto cittadino e già da tempo si parla di un suo recupero e di una nuova destinazione d’uso per ridare alla Città un bene culturale di primaria importanza, parte rilevante dell’identità e della storia cittadina. “La Chiesa di San Francesco non è di proprietà del Comune, pertanto non può essere concessa in locazione gratuita ad un privato, in ossequio alle ultime disposizioni finanziarie del Governo in materia di spending review – dichiara Paola Marino, Presidente della Commissione Consiliare di Garanzia e Controllo del Comune di San Severo, che continua – ritengo che la delibera sia illegittima e pertanto è necessario revocarla al più presto. Comunque, porrò il caso all’attenzione della Commissione Consiliare che presiedo”. L’ex complesso monastico di San Francesco d’Assisi è soggetto alla disciplina del codice dei beni culturali, e qualsiasi trasformazione di destinazione modifica di gestione con l’eventuale accesso ai privati è regolato ai pareri preventivi dell’autorità preposta alla tutela dei beni culturali. “Un conto è dare in gestione dei servizi, altro è privatizzare senza un’analisi dei requisiti tecnici e finanziari che necessitano per la gestione di un bene culturale di prima grandezza”, afferma Paola Marino – stiamo parlando di un’associazione privata di radicamento limitato sul piano territoriale, non di una fondazione bancaria per esempio. La convenzione va revocata perche non è coerente con la disciplina del codice dei beni culturali”. In quanto al soggetto proprietario è necessario tra l’altro coinvolgere anche la Regione Puglia che sta legiferando in materia e sta facendo uno sforzo per consentire una valorizzazione del patrimonio dell’Ipab a fini sociali, sforzo a cui dovrebbero sottostare i commissari delegati alla gestione, che invece autorizzano con note improprie usi non consentiti di questo patrimonio. “Che guadagno ne ha la città? E se c'era quest'intenzione perché non è stato fatto un bando ad evidenza pubblica così da dare a tutti i soggetti in possesso dei requisiti di legge, sia tecnici che finanziari, la possibilità di ottenere questa concessione? – si domanda Paola Marino, che continua – la delibera è contraddittoria in più punti, basti pensare che nell'intestazione si parla della cessione del lotto 5 e 6 riguardante la Chiesa e l'area antistante, mentre nel testo della delibera si concede anche la gestione del chiostro (lotto 7) vanificando e intralciando in questo modo gli sforzi che si stanno compiendo con la valorizzazione del Museo dell’Alto Tavoliere”.
Sempre nella delibera si fa riferimento, in cambio dell'utilizzo della struttura, ad alcuni interventi a carico del privato. Questo scambio, se così vogliamo chiamarlo, nulla aggiunge alla città, visto che i lavori che saranno effettuati dal privato non riguardano la tutela della struttura o il suo recupero, ma solo quei lavori necessari per avviare l'attività imprenditoriale annunciata, prevedendo anche eventuali interventi sulle strutture che dovessero rendersi necessari. E questo è in contrasto con le norme di tutela dei beni culturali. La concessione durerà altri otto anni, non condividiamo questo modo di agire che vincolerà anche le altre amministrazioni future a dover supportare i costi di locazione per un'attività privata che nessun servizio aggiunge alla città. E qui sotto il profilo contabile vi è un evidente irregolarità. “Ritengo che l'Amministrazione ha intenzione di dotare la città di una nuova struttura culturale deve cambiare strada, adottando bandi ad evidenza pubblica nel rispetto della legge e della trasparenza amministrativa, senza favorire nella clandestinità dei corridoi del palazzo questo o quel privato di turno – dice Paola Marino, che conclude – per questi motivi la questione sarà sottoposta all'attenzione della Corte dei Conti”.
Sempre nella delibera si fa riferimento, in cambio dell'utilizzo della struttura, ad alcuni interventi a carico del privato. Questo scambio, se così vogliamo chiamarlo, nulla aggiunge alla città, visto che i lavori che saranno effettuati dal privato non riguardano la tutela della struttura o il suo recupero, ma solo quei lavori necessari per avviare l'attività imprenditoriale annunciata, prevedendo anche eventuali interventi sulle strutture che dovessero rendersi necessari. E questo è in contrasto con le norme di tutela dei beni culturali. La concessione durerà altri otto anni, non condividiamo questo modo di agire che vincolerà anche le altre amministrazioni future a dover supportare i costi di locazione per un'attività privata che nessun servizio aggiunge alla città. E qui sotto il profilo contabile vi è un evidente irregolarità. “Ritengo che l'Amministrazione ha intenzione di dotare la città di una nuova struttura culturale deve cambiare strada, adottando bandi ad evidenza pubblica nel rispetto della legge e della trasparenza amministrativa, senza favorire nella clandestinità dei corridoi del palazzo questo o quel privato di turno – dice Paola Marino, che conclude – per questi motivi la questione sarà sottoposta all'attenzione della Corte dei Conti”.
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