Lavoro e privacy. raccomandazione dal Consiglio d’Europa per i tribunali italiani: i dipendenti non devono essere spiati
A rischio il Jobs Act che apre all’uso del controllo hi-tech
Stop del Consiglio d'Europa al controllo delle comunicazioni private dei dipendenti da parte dei datori di lavoro, così come è proibito l’uso di strumenti hi-tech per spiarne i comportamenti. Rimane in vigore il divieto di videosorveglianza per controllare le zone dove normalmente i dipendenti non lavorano, come spogliatoi, aree ricreative, o mense. É una raccomandazione del comitato dei ministri che non ha effetto vincolante ma ha valore nei tribunali ha stabilirlo, proprio mentre tutto mentre sono pronti per il passaggio in commissione parlamentare i due decreti delegati del Jobs Act, che invece, come sbandierato ai quattro venti, ha aperto all’uso delle nuove tecnologie per il controllo a distanza dei lavoratori.Il provvedimento in questione statuisce i limiti di intrusione per salvaguardare la privacy dei dipendenti di fronte all’avanzata dell’utilizzo tecnologico dei datori di lavoro, che consente oggi di raccogliere e conservare informazioni di ogni tipo.L'atto dell'istituzione europea impone, infatti, limiti ferrei su qualsiasi tipo di controllo operato nei confronti dei dipendenti, ma anche sulla raccolta e l’utilizzo di tutti i loro dati personali. Ai datori di lavoro è vietato usare qualsiasi tecnologia al solo scopo di controllare le attività e i comportamenti dei dipendenti. Il divieto totale di controllo riguarda in primo luogo tutte le comunicazioni “private” dei dipendenti. Mentre l’accesso a quelle professionali, per esempio una mail a un collega, risulta consentito solo se il lavoratore è stato preventivamente informato che ciò possa accadere, e unicamente se l’accesso si rivela necessario per motivi di sicurezza, o, per esempio, per garantire che un lavoro sia terminato. Il lavoratore ha poi il diritto di sapere quali dati il datore sta raccogliendo su di lui e perché. Ed ha anche il diritto di visionarli, di chiederne la correzione e addirittura la cancellazione. Nella raccomandazione vi é un anche un elenco analitico di tutte le informazioni che un datore di lavoro non può chiedere al dipendente o a chi vuole assumere, e i limiti che deve rispettare nel comunicare, anche all’interno della stessa azienda, i dati raccolti.
Insomma, per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”si tratta di una conferma che mentre in Europa si amplificano i diritti dei lavoratori, in Italia si sta operando una demolizione scientifica delle tutele da parte degli ultimi governi ed in particolare di quello attuale che in tema di lavoro si sta dimostrando a dir poco retrogrado e poco attento a ciò che cade nel resto dell'UE.
Sportello dei diritti
Stop del Consiglio d'Europa al controllo delle comunicazioni private dei dipendenti da parte dei datori di lavoro, così come è proibito l’uso di strumenti hi-tech per spiarne i comportamenti. Rimane in vigore il divieto di videosorveglianza per controllare le zone dove normalmente i dipendenti non lavorano, come spogliatoi, aree ricreative, o mense. É una raccomandazione del comitato dei ministri che non ha effetto vincolante ma ha valore nei tribunali ha stabilirlo, proprio mentre tutto mentre sono pronti per il passaggio in commissione parlamentare i due decreti delegati del Jobs Act, che invece, come sbandierato ai quattro venti, ha aperto all’uso delle nuove tecnologie per il controllo a distanza dei lavoratori.Il provvedimento in questione statuisce i limiti di intrusione per salvaguardare la privacy dei dipendenti di fronte all’avanzata dell’utilizzo tecnologico dei datori di lavoro, che consente oggi di raccogliere e conservare informazioni di ogni tipo.L'atto dell'istituzione europea impone, infatti, limiti ferrei su qualsiasi tipo di controllo operato nei confronti dei dipendenti, ma anche sulla raccolta e l’utilizzo di tutti i loro dati personali. Ai datori di lavoro è vietato usare qualsiasi tecnologia al solo scopo di controllare le attività e i comportamenti dei dipendenti. Il divieto totale di controllo riguarda in primo luogo tutte le comunicazioni “private” dei dipendenti. Mentre l’accesso a quelle professionali, per esempio una mail a un collega, risulta consentito solo se il lavoratore è stato preventivamente informato che ciò possa accadere, e unicamente se l’accesso si rivela necessario per motivi di sicurezza, o, per esempio, per garantire che un lavoro sia terminato. Il lavoratore ha poi il diritto di sapere quali dati il datore sta raccogliendo su di lui e perché. Ed ha anche il diritto di visionarli, di chiederne la correzione e addirittura la cancellazione. Nella raccomandazione vi é un anche un elenco analitico di tutte le informazioni che un datore di lavoro non può chiedere al dipendente o a chi vuole assumere, e i limiti che deve rispettare nel comunicare, anche all’interno della stessa azienda, i dati raccolti.
Insomma, per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”si tratta di una conferma che mentre in Europa si amplificano i diritti dei lavoratori, in Italia si sta operando una demolizione scientifica delle tutele da parte degli ultimi governi ed in particolare di quello attuale che in tema di lavoro si sta dimostrando a dir poco retrogrado e poco attento a ciò che cade nel resto dell'UE.
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