martedì 26 febbraio 2013

D’accordo, non tutti i tweet e i like sono voti... Ma la Rete misura la “temperatura” del Paese

Oltre due milioni di tweet negli ultimi due mesi di campagna elettorale e quasi tre milioni di fans sulle pagine Facebook. Sono questi i numeri della politica sui social media... alla faccia dei più conservatori, che ancora parlano delle comunità sul web come di un “fenomeno”.

E così, mentre la rete decretava il successo di Mengoni a Sanremo prima ancora dei risultati ufficiali, a pochi giorni dalla fine della campagna elettorale il confronto su internet è ancora protagonista con numeri davvero incredibili, oggi resi disponibili al grande pubblico grazie a società di analisi in grado di misurare anche in tempo reale la “temperatura” della rete.

Ma andiamo per ordine e scopriamo che cosa esprimono questi numeri difficili da raggiungere con mezzi tradizionali. Prima di tutto è bene precisare che non si tratta di sondaggi: non esiste un campione tipo né un particolare algoritmo statistico che “interpreta” la realtà. I numeri sono la rappresentazione di dati reali misurati puntualmente: persone fisiche, organizzazioni o altri soggetti che esprimono il loro pensiero attraverso la rete. La misurazione è quindi quantitativa, ma dietro la quantità gli analisti sono in grado di leggere gli orientamenti, le tendenze, i bisogni e le necessità.

Così i numeri nascondono (ma in realtà svelano) informazioni strategiche, che siano orientate alla politica o alle strategie di un’azienda. Chi l’ha capito prima ha messo al riparo un vantaggio competitivo che oserei definire “infrastrutturale”.

Beppe Grillo, per la struttura della sua comunicazione e il rapporto con i media, è sicuramente il campione: in termine di movimentazione del parlato, cioè l’attenzione che genera, rappresenta quasi la metà del “mercato”, e lo dicono i numeri, non i sondaggi. Certo, questo non vuol dire che prenderà la meta dei voti. La lettura dei suoi numeri va fatta in modo diverso: basta andare a leggere nel dettaglio l’engagement –l’interazione sui contenuti – che la sua comunità esprime. Un esempio? “Fate una pubblica ammissione di colpa e chiedete agli italiani di perdonarvi. Arrendetevi!” è solo un post tra i tanti visibili su Facebook: eppure ottiene 714 commenti, 10240 like e 7597 condivisioni. Ricordiamoci che dietro ogni azione c’è l’espressione di un bisogno, di un sentimento.

E dietro Grillo non c’è il vuoto: esiste qualcuno che in quanto a comunicazione è veramente un maestro. Cosi ogni volta che Berlusconi “parla” la rete reagiste seguendo la più naturale regola fisica di causa/effetto. Ancora una volta sono i numeri a parlare in modo inequivocabile: restituzione dell’IMU? Oltre 56 mila tweet in un giorno, e poi ancora picchi di parlato con un trend medio di oltre il 30% nel periodo.

E gli altri? Bersani è il secondo su Facebook per quanto riguarda l’engagement: quindi vuol dire che la comunità prova interesse per i contenuti... ma i picchi su Twitter sono tutti dedicati alla vicenda Monte Paschi. Monti è stabile su Twitter ma del suo schieramento solo Casini riesce a essere tra i primi dieci in Facebook. Dietro, in ordine sparso e decrescente, tutti gli altri che forse sono partiti troppo tardi.

Ma in fondo ciò che è importante è prepararsi alle prossime elezioni... no, non a queste, ma a quelle dopo, che forse non sono poi cosi lontane.

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